Cronache

Quanti soldi ha perso un tassista durante il coronavirus?

Ore di giri a vuoto o di attese in un parcheggio. Il tassametro segna zero spaccato

Quanti soldi ha perso un tassista durante il coronavirus?

“Cosa significa stare fermo in un parcheggio per ore e ore? Ti prende l’angoscia più della noia. E poi negozi chiusi, uffici chiusi, strade deserte…”. Ne ha viste tante Mario Gennaro Bianchi Esposito, tassista da quasi 25 anni in una metropoli italiana. “Ricordo la crisi del 2008 dei mutui americani, pure aveva fermato gli affari. Ma era niente a confronto del coronavirus”, ci dice. Nel 2019 Bianchi Esposito lavora bene: turisti, clientela commerciale, grandi eventi internazionali. Una tendenza positiva registrata un po’ in tutte le aree metropolitane italiane. “Un anno eccellente- ricorda. “Sono arrivato a ritmi da una corsa ogni 30 minuti su un turno medio di 10 ore. Entrate da 220 euro circa ogni giorno. Un anno buono come il 2019, non se ne ricordavano così da molto tempo, lasciava presagire un 2020 ancora migliore”. Speranza vana purtroppo.

A gennaio 2020 cominciano ad arrivare le prime notizie di un virus partito dalla città cinese di Wuhan che sta svuotando le metropoli di quel lontano Paese. Nel taxi del nostro Bianchi Esposito arriva il primo segnale tangibile di un’emergenza imminente: un divisorio in plexiglas tra i sedili anteriori e quelli posteriori. Sottolinea il tassista: “Sono da sempre favorevole a un divisorio nei taxi, sia per ragioni di sicurezza dai malintenzionati sia per ragioni sanitarie. Quindi ho deciso di installarlo da gennaio 2020, anche se a tutt’oggi non esiste un obbligo di montarlo a carico di taxi”. Per cui
per questa barriera interna se ne vanno oltre 100 euro di spesa o, se lo si monta artigianale, poco più di 50 euro. Fino a fine gennaio la situazione sembra sotto controllo (“ma comunque passo da 220 euro al giorno a 80 euro” dice Bianchi Esposito), ma le discussioni del tassista con clienti e colleghi sono monopolizzate sempre di più dal coronavirus.

Cresce la paura. Poi arriva febbraio, il mese del "paziente 1" di Codogno. Ricorda Bianchi Esposito: “Nel giro di due settimane la città si è fermata: le strade si sono svuotate, i negozi hanno abbassato le saracinesche, gli aeroporti sono diventati deserti. Quelli fortunati riuscivano a incassare 50 euro a fine giornata, gli altri sui 20-25 euro, ma cresceva sempre di più il numero di colleghi che rientravano a casa a mani vuote, senza aver fatto nemmeno una corsa”. La situazione precipita dall’8 marzo 2020, quando il governo Conte proclama il lockdown generale. “I parcheggi erano pieni di taxi fermi per ore, anche in doppia e tripla fila perché non c’era spazio. E girare per la città vuota era anche peggio, perché si consumava carburante inutilmente. A un certo punto ho deciso di restare a casa anche io. Era diventato inutile girare la chiave di accensione del taxi”. Non bastasse la paralisi dell’attività, arriva l’epidemia a colpire purtroppo anche i tassisti, purtroppo più esposti di altri lavoratori ai rischi per la salute: “Alcuni colleghi sono morti, altri si sono ammalati. Un mio parente che fa il mio stesso lavoro lo hanno preso per i capelli in terapia intensiva”, ricorda quei giorni terribili Bianchi Esposito. Il 3 maggio 2020 finisce il lockdown, la gente torna in strada. Ma i taxi restano sostanzialmente fermi. “La gente non si fidava dei taxi, li considerava comunque luoghi chiusi- sottolinea il nostro conducente. E poi in Italia non c’è la cultura del taxi, si pensa sempre a un privilegio da ricchi o comunque per benestanti, diversamente dal resto d’Europa. Molti pensano che le tariffe siano troppo alte. Ma se potessi farlo non le abbasserei? Il guaio è che non posso farlo se voglio sopravvivere!”.

E qui occorre capire i costi di gestione di quell’impresa su quattro ruote che è un taxi in Italia. La manutenzione di un taxi va fatta ogni 15.000 chilometri ad esempio (ma a seconda dei casi questo chilometraggio può cambiare): il sospirato tagliando può arrivare a costare 500 euro e oltre per manutenzione eccedente l’ordinaria amministrazione, tipo i freni. Se poi c’è da cambiare la cinghia di trasmissione la cifra sale ancora. Non parliamo in caso di incidente: il tassametro a tariffa multipla progressiva, collegato sia al motore che a un orologio che misura il tempo da solo può costare 600 euro. Bollo e assicurazione costano 1.300 euro all’anno (“sono fortunato perché sono in prima categoria” confessa Bianchi Esposito). Il carburante rappresenta un costo variabile: se si lavora non si gira a vuoto e si spende meno. Abito fuori città, pronti via e spendo 10 euro solo per arrivare in città per lavorare. Arriva l’estate, crollano i contagi, il coronavirus sembra un incubo passato. Ma per i taxi cambia poco, anzi non cambia nulla. 8 milioni di lavoratori dipendenti sono in smart working, non c’è nessun grande evento in programma, il commercio al dettaglio è paralizzato e di turisti nemmeno l’ombra. Arriva l’autunno e con la nuova stagione la seconda ondata di coronavirus in Italia: piove sul bagnato.

Dice Bianchi Esposito: “Siamo stati praticamente fermi fino a dicembre. La gente continuava, pur uscendo per gli acquisti natalizi, a evitare di prendere il taxi. Sono state feste molto tristi. Sono stato a casa senza poter abbracciare i miei figli, i miei nipoti. E pieno di domande sul futuro, pieno di incertezze”. Il 2020 si chiude per il nostro tassista con entrate che non arrivano a 5.000 euro. Sono andati perduti tra il 2019 e il 2020 tra i 31.000 e i 32.000 euro; un salasso da -90%. Arrivano i ristori del governo Conte, nel frattempo: circa 3.000 euro, il 10% delle perdite registrate da Bianchi Esposito. Arriva il 2021, la situazione non migliora. “Se riesco a fare una giornata con 50 euro d’incasso- dice sconsolato il tassista- mi pare di toccare il cielo con un dito. Ma a volte si racimolano 15 euro in tutto il turno di lavoro. E altre volte non si raccoglie nulla”. E la disperazione da parcheggio di ore e ore ritorna ad assalire Bianchi Esposito e molti suoi colleghi: “Alcuni sono inseguiti dai debiti e per tirare avanti fanno altri debiti, una cosa infernale. Altri non li vedo più in giro, probabile si siano ritirati. Anche se oggi una licenza costa molto meno che in passato. E del resto con questa crisi i potenziali acquirenti non sono molti. Vedo in facci a molti colleghi le occhiaie di ore di sonno perse perché non riescono a dormire per le preoccupazioni”.

Non si pensi al nostro Bianchi Esposito come a un pessimista cosmico: “Mi piace guardare al futuro con fiducia, ma guardiamo la realtà. Se il grande albergo resta chiuso, come la grande impresa o la strada commerciale o la fiera come faccio a essere ottimista? Esco in strada e faccio 3 corse: una da 6 euro, una da 10 euro e una da 25 euro. Nel frattempo è passato un turno di lavoro e non ho guadagnato nulla. E poi c’è la signora che si fa portare in ospedale nel cuore della notte e non le bastano i soldi o quello che scoppia in lacrime perché non ne ha. Siamo disperati noi, sono disperati tanti nostri clienti”. E nel parcheggio si registrano episodi di “guerra tra poveri”: “Già il divisorio fa contendere la corsa- dice Bianchi Esposito. Generalmente una persona prende un taxi che lo abbia installato. A prescindere dalla sua posizione nella fila al parcheggio. Poi si verificano anche contrattazioni al ribasso sulla tariffa tra conducente e cliente, pur di portare il lavoro a casa. Ovviamente è una pratica scorretta”. In questo clima sarà già buono per il nostro tassista limitare le perdite del 2021 rispetto a quelle del 2020. “Servono due anni fiscali bianchi- dice il tassista. Per il 2020 e per il 2021 non posso pagare le tasse. Perché non ho praticamente lavorato. E ci sono colleghi che stanno in condizioni peggiori delle mie, fanno fatica a mettere insieme il pranzo con la cena”.

Ricapitolando: il nostro tassista aveva entrate nel 2019 per 35.000 euro; nel 2020 per meno di 5.000 euro; per il 2021 sarà fortunato se incasserà tra i 5.000 e i 6.000 euro. A fronte di 3.000 euro di ristori dal governo Conte e zero euro di sostegni dal governo Draghi. È difficile una stima precisa delle licenze per taxi nel nostro Paese: una stima strutturata è del 2008 a cura della Banca d’Italia su dati del 2006. Secondo questo studio ci sarebbero 5,8 taxi ogni 10mila abitanti, che diventano 3,4 nelle città con meno di 250mila abitanti e 20,8 in quelle con più di 500mila abitanti (24 a Roma e a Napoli, 37 a Milano). Numeri, anche quelli delle tre città più grandi, lontani dalle principali metropoli europee (Londra e Barcellona viaggiano poco sotto i 100). Le licenze sarebbero circa 20.000. A Roma circolano 7.700 taxi, a Milano 2.900, a Napoli 2.400, a Torino 1.500. Gracchia la trasmittente in sottofondo (“Secondo me i radiotaxi sono la soluzione migliore in questo momento” dice Bianchi Esposito), lo ha fatto pochissime volte negli ultimi 14 mesi. Fatti di giri a vuoto nella città deserta e di lunghe ore di sosta in un parcheggio. Aspettando clienti immaginari. Ora l’Italia riapre.

E speriamo che, assieme al Paese, tornino a girare i tassametri.

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