Cronache

Quanto sono realmente pericolose le varianti del covid?

Le varianti del coronavirus? Sono molte di più delle tre dichiarate pericolose dall'Oms. Ecco tutto quello che c'è da sapere

Quanto sono realmente pericolose le varianti del covid?

Le varianti del covid sono in questo momento la cosa che desta più timori rispetto alla pandemia e ai piani di vaccinazione. Molti sono i dubbi e i quesiti che si pongono rispetto a questa mutazione del virus in varie forme. Per fare un po’ di chiarezza abbiamo intervistato Prof. Liborio Stuppia, Direttore del Laboratorio di Genetica Molecolare-Diagnosi Covid19 della Università G. d'Annunzio di Chieti-Pescara.

Professore, solo pochi giorni fa aveva dichiarato come le varianti, ovvero le mutazioni del virus del covid abbiamo completamente modificato la modalità di diffusione del virus, sia a livello mondiale che nel nostro paese . Come è la situazione attuale e che differenze ci sono rispetto alla prima ondata quindi al virus originale?

“Da aprile a dicembre quando facevamo i test, abbiamo sempre trovato uno stesso tipo di virus. Improvvisamente subito prima di Natale, intorno al 20 dicente abbiamo iniziato a vedere “quadri strani” dove il virus appariva diverso. Abbiamo intensificato le ricerche subito dopo che era stata dichiarata la variante inglese, scoprendo che era presente anche nel nostro territorio oltre ad un altro tipo che al momento però non è stata indicata tra quelle dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Da quel momento abbiamo visto come di varianti del virus originale ce ne siano a centinaia, anche se al momento ragioniamo solo su tre che sono a rischio ovvero l’inglese, la sudafricana e la brasiliana”.

Che differenza c’è tra quelle cosiddette “a rischio” indicate dall’OMS e le altre di cui parlava?

“Quelle a rischio hanno una maggiore infettività. Per fare un esempio, se il virus originale in un certo contesto infettava 50 persone, la variante ne infettano magari 65. Quindi è chiaro che si diffondono più velocemente che è poi quello che è successo. Mentre a dicembre erano piccoli focolai circoscritti, ora le varianti si trovano dappertutto e sono arrivate pressappoco ad essere la metà dei casi positivi che troviamo. Parlando di numeri e facendo l’esempio dell’Abruzzo, la regione in cui lavoro, da dicembre ad oggi abbiamo trovato 170 varianti, 25 solo nella giornata di ieri. Questo può dare l’idea di come stanno crescendo”.

Ci spiega cosa sono queste varianti e che differenze ci sono?

“Sono delle mutazioni geniche che cambiano la parte del virus che ha la capacità di attaccarsi ai nostri tessuti. Per fare un esempio comprensibile, il grado di aderenza che ha questo virus alle nostre cellule (come parlassimo di una colla molto più potente rispetto ad una colla normale ndr). Aumentando questa capacità è ovvio che aumenta l’infezione perché si trasmette di più e il numero degli infetti si fa sempre maggiore. Ognuno di loro trasmetterò un virus che ha a sua volta una capacità maggiore di infettare, quindi man mano saranno infettate sempre più persone. Questo è motivo della preoccupazione”.

Nel nostro Paese qual’ è la variante più diffusa tra le tre che ha citato ovvero l’inglese, la sudafricana e la brasiliana?

“Sicuramente l’inglese che è anche quella più semplice da identificare e per questo è stata la prima ad essere scoperta. Le altre per essere riconosciute hanno bisogno di tecnologie sofisticate e quindi ci vuole un po’ più di tempo. I colleghi dell’Ospedale di Teramo hanno identificato la brasiliana. Sicuramente quindi solo parlando dell’Abruzzo sia l’inglese che la brasiliana ci sono, e si stanno diffondendo molto. Sul territorio nazionale credo siano state trovate tutte e tre”.

Queste mutazioni quanto devono preoccuparci?

“Il fatto che il virus muti di per sé non è detto che sia un male. Nel senso che la situazione ideale per lui è quella di infettare molto ma uccidere poco. Questo perché quando una persona muore, il virus muore insieme a lui e quindi non ha un gran vantaggio. Invece se trova una variante molto infettiva ma poco letale, banalmente come succede per il raffreddore, per lui è una situazione perfetta. Quindi noi ci auguriamo che queste continue mutazioni possano arrivare a rendere il virus meno aggressivo, ma siccome è una situazione totalmente casuale, non non possiamo farci affidamento e quindi dobbiamo difenderci da quello che abbiamo e conosciamo e man mano studiare tutti i suoi possibili cambiamenti”.

Parlando di vaccini è recentemente uscito un articolo che suppone che il grado di efficacia sia molto inferiore a quello dichiarato. Lei cosa ne pensa?

“Stiamo monitorando l'andamento delle vaccinazioni e abbiamo una buona risposta di anticorpi sulle persone vaccinate. Per cui secondo me con i secondi richiami dovrebbero funzionare. Poi chiaro che si può essere certi solo retrospettivamente. Però in linea di massima la risposta immunitaria la vediamo”.

Le varianti di cui abbiamo parlato possono mettere in difficoltà l’efficacia dei vaccini che abbiamo a disposizione ora?

“Questa è una domanda delicata, perché il vaccino è stato “costruito” sul virus originale. Sembra che per alcune varianti, tipo quella inglese, l’immunizzazione ci sia comunque, però i dati sono ancora preliminari. Per le altre varianti c’è il sospetto che ci sia una ridotta efficacia. Quindi è probabile che man mano si andranno a sviluppare vaccini più trasversali che siano in grado di dare anticorpi contro tutte le varianti del virus”.

Rispetto ai protocolli di protezione che si usavano all’inizio della pandemia, ora sembra che ci sia stata un’evoluzione e si è passati dalla mascherina chirurgica ad usare giornalmente la FFP2. È un comportamento corretto nel senso che ci deve essere più protezione rispetto al passato, oppure è un timore eccessivo?

“È corretto e basta ragionare sui numeri per rendersene conto. Da marzo a luglio abbiamo avuto circa 30.000 morti, da agosto ad oggi ne abbiamo avuti più di 50.000. Questo significa che la seconda ondata è stata più violenta se si considera anche il fatto che la scorsa estate sembrava che fosse tutto finito. Quindi mai abbassare la guardia tenendo anche conto che non siamo in lockdown come lo eravamo a marzo e aprile. E' chiaro che se dobbiamo tutelare l'economia la gente ha bisogno di muoversi, e se circola bisogna proteggersi più di prima. Quindi il giusto compromesso è: non possiamo chiudere tutto perché l'economia va a rotoli, ma le persone devono stare più attente. Facendo una considerazione personale però, vedo immagini che non vanno in questa direzione. C’è il cittadino medio che indossa la FFP2, ma ho anche visto immagini di assembramenti che sono davvero inquietanti”.

È vero che la variante inglese colpisce soprattutto i bambini?

“In Inghilterra dicono esattamente questo. Quello che noi vediamo in realtà è che ci sono sicuramente cariche virali molto più forti rispetto al passato, nei soggetti giovani. Ma questo non deve stupirci, perché una cosa è parlare di infezione, l’altra è stare male cioè avere proprio il covid perché si può essere positivi all’infezione e non avere il covid. Inizialmente si diceva che tra 10 persone che si infettavano quelle che sviluppavano la malattia in forma grave erano essenzialmente gli anziani. Andando avanti però, abbiamo visto che scende con l’eta perché a differenza di prima stiamo studiando un tipo di popolazione completamente diversa. Ad aprile dello scorso anno monitoravamo fondamentalmente i sintomatici che erano in ospedale. Quella che era la prevalenza del virus nella popolazione che andava a spasso, noi non la conoscevamo perché eravamo tutti in lockdown. Adesso invece che si sono estese le analisi di screening, viene fuori che moltissime persone che non sospettavamo sono positive perché asintomatiche. Quindi sicuramente stiamo trovando molti più giovani che però tendono a manifestare i sintomi meno degli anziani. Per quanto riguarda i bambini la nostra esperienza diretta è troppo poca per poterlo dire, però la letteratura internazionale dice che la variante inglese colpisce anche i neonati”.

Si parla molto della terza ondata, lei pensa che ci sarà ed in caso visto che la seconda è stata più violenta della prima, cosa dobbiamo aspettarci?

“Lo scenario per la terza andata a mio parere va visto da due punti di vista. Può essere causata da queste varianti che hanno un’infettività maggiore per cui ovviamente i casi potrebbero crescere più velocemente di come eravamo abituati. L’altro aspetto è quello di cui parlavamo prima ovvero in che scenari si colloca. Il primo lockdown è stato fatto in un momento in cui il problema aldilà della sanità, era maggiore in alcune regioni che rimanendo isolate hanno evitato la diffusione dell’epidemia perché era tutto chiuso. Questa seconda ondata è capitata in un momento in cui c’è la circolazione delle persone e se mettiamo insieme questo e il visir diventato più infettivo ed è presente in tutte le regioni è ovvio che la terza ondata fa paura potrebbe essere molto violenta. Se tutti usassimo comportamenti responsabili probabilmente si potrebbe contenere. La seconda ondata è scaturita dai comportamenti irresponsabili dell’estate e la terza potrebbe essere la figlia dei comportamenti irresponsabili delle zone gialle che ricordo non significano liberi tutti. La sensazione forte è che sia così”.

Oltre al covid si parla anche di altre pandemie in agguato

“Possiamo aspettarcele perché rispetto ad una volta si ha più libertà di sposarsi per il mondo. Però c’è anche da dire che quest’anno l’influenza non c’è praticamente stata e il merito di questo è l’utilizzo ad esempio delle mascherine che ci proteggono da qualsiasi tipo di infezione. Per cui è vero che il rischio di altre pandemie esiste, ma in questo momento è come se noi vivessimo sotto in bombardamenti perché con i presidi siamo protetti anche da queste. Su questa che è già partita, ovvero il covid è una gara contro il tempo con il vaccino, nel senso che se non arriviamo di corsa a vaccinare il 75% della popolazione non ne usciamo fuori”.

Volendo essere positivi che previsione più o meno realistica si può avere per un ritorno alla normalità?

“Se si vuole ipotizzare una data cito quello che ha detto il professor Crisanti che ha parlato di "ancora due anni con le mascherine" e ragionevolmente penso possa essere così. Penso che nella primavera del 2022 potremmo cominciare a vedere i risultati. Ovviamente mi auguro di essere molto pessimista con questa previsione”.

Si hanno molti dubbi sulla veridicità dei tamponi antigienici, quelli che per essere chiari si possono fare anche in farmacia e avere il risultato dopo venti minuti. Spesso ci si affida a questo magari prima di andare a trovare un genitore o un parente anziano. Si può stare sicuri?

“Bisogna fare una distinzione. I tamponi antigienici hanno un valore come test di screening, ovvero quando si prende una parte di popolazione che non ha nessun motivo particolare per sospettare di essere infetta. Se in mezzo a questi si trova un positivo, si procede poi con un tampone molecolare. Però se si ha il un minimo sospetto bisogna fare un molecolare, passando da un test di screening ad uno diagnostico. Per tornare all’esempio della visita ai genitori, se parliamo di una persona che è rimasta chiusa, non ha avuto contatti e non ha nessuna patologia allora il tampone antigienico va bene. Però se esiste anche un piccolo sospetto è comunque meglio fare il molecolare ed evitare di andare a trovare persone anziane. Nonostante io da medico sia sottoposto continuamente a tamponi, evito comunque di andare a trovare mia madre che ha 88 anni e che purtroppo dall’inizio della pandemia vedo pochissimo. In questo momento il virus si può prendere ovunque, anche subito dopo aver fatto un tampone che risulta negativo o magari quando lo si fa ed è troppo presto”.

Ultimante è stato anche consigliato di portare due mascherine una sopra l’altra cosa che prima si faceva solo nelle strutture ospedaliere

“L’idea della doppia mascherina va bene perché la FFP2 protegge noi stessi, la chirurgica gli altri. Metterne due, considerando che la chirurgica è molto leggera e non dà nessun fastidio è sicuramente la cosa migliore. Un’altra cosa importantissima che bisogna sempre ricordarsi è disinfettarsi le mani non appena si entra in casa. Magari dopo aver fatto la spesa o essere tornati dall’ufficio o da scuola”.

Parlando proprio di spesa si deve continuare a disinfettare anche tutti i prodotti che compriamo?

“È buona norma ovviamente lavare la frutta e la verdura?”

Intendo anche le altre cose come si faceva nel periodo del lookdown, magari le cose che si prendono direttamente dagli scaffali

“Su questo personalmente non sono così attenzionato, Il virus sopravvive molto poco fuori dagli esseri umani viventi”.

Per chiudere facendo una battuta è difficile quindi prendere il covid da un barattolo di passata?

“Penso proprio di sì. Aggiungo anche però che se si vuole passare sotto l’acqua tutto quello che si è comprato, male non fa ma, non è indispensabile. Quello che invece è fondamentale e voglio ripeterlo è il lavaggio quasi maniacale delle mani e la disinfezione.

Non ci rendiamo conto di quante volte al giorno portiamo le mani alla bocca senza neanche rendercene conto”.

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