"Quei pagamenti in nero che facevo per la Cgil"

Un'ex contabile del sindacato, intervenuta a Virus, svela retroscena davvero imbarazzanti

Alma Bianco e Nicola Porro
Alma Bianco e Nicola Porro

Ha lavorato venticinque anni per la Cgil. Si è occupata della segreteria del sindacato di Messina e, in seguito, di contabilità. Alma Bianco ha toccato con mano come viene gestita, giorno per giorno, una delle organizzazioni dei lavoratori più importanti d'Italia, tra pagamenti in nero e irregolarità più o meno vistose. La sua esperienza, raccontata a Virus, il talk show di Nicola Porro su Raidue, assume contorni raccapriccianti. Ma procediamo con ordine.

La signora Bianco entra nella Cgil nel 1985. Inizia nella segreteria, ma non è assunta, lavora in nero. Percepisce duecentomila lire al mese in contanti. Dopo due mesi viene regolarizzata. Ma niente assunzione da parte della Cgil: la donna, infatti, si vede assunta da una cooperativa di servizi. L'assunzione è quantomeno anomala. Lei infatti, come racconta, non conosce nessuno di questa cooperativa, e non sa nemmeno dove abbia sede. Sa soltanto che si occupa di ristorazione. Lei continua a lavorare tranquillamente al sindacato come segretaria. Dopo due mesi dall'assunzione scatta il "giochino" del distacco sindacale retribuito, sulla base della Legge 300/1970. La Cgil fa la busta paga ma i contributi li paga lo Stato. Un meccanismo che tutela chi sindacalisti e politici. Peccato, però, che la signora Alma fosse solo una normalissima impiegata e non svolgesse alcun tipo di attività sindacale. Una furberia per scaricare i contributi sullo Stato. Quando la cooperativa chiude la Bianco viene assunta a tempo indeterminato con la qualifica di contabile.

Con il passare degli anni e le nuove responsabilità in ambito lavorativo, Alma si ritrova a fare un po' di tutto: buste paga, cud, bilanci. Paga rimborsi spese e i collaboratori. In molti casi lo fa in nero. Lo dice con cognizione di causa perché, eletta ispettore regionale in Sicilia (una sorta di Guardia di finanza interna al sindacato), spiega di aver tentato invano di regolarizzare tutto ciò che scopriva non esserlo. "Ma era impossibile".

Alma svela un altro trucchetto. Molti che lavorano nella Cgil sono in distacco sindacale. Un regolamento interno prevede che se lo stipendio percepito è più alto di quello fornito dal sindacato, non si percepisce un euro in più. Questo, però, avviene solo sulla carta. "In realtà - racconta la signora - mi capitava che mensilmente fossi costretta a dare somme in contanti o ricaricando carte prepagate, 300-400 o 500 euro". Il tutto in barba alla trasparenza.

Ma i sindacati non sono tenuti, nei loro bilanci, a giustificare tutte le spese? Viene utilizzato l'escamotage degli acconti spesa. E' questa la voce che si registra in bilancio. A fine anno servono i "giustificativi". E così spuntano le "note spese false". Alma ha segnalato tutte queste anomalie in Procura, ma le hanno risposto che non c'è reato per i sindacati.

La storia della signora Bianco si chiude male. Buttata fuori dalla Cgil nel marzo 2010, viene accusata di appropriazione indebita. Lei nega ogni addebito e difende così la propria buona fede: "Hanno sequestrato e dissequestrato il mio conto corrente senza trovare alcuna anomalia". E insiste: "Se avessi fatto qualcosa del genere sarei andata dalla Guardia di finanza?".

Non si può dire che ciò che racconta Alma sia la regola e che ovunque, in Italia, il sindacato si comporta in questo modo. "Io sto parlando di me, della mia esperienza, non parlo di altre Province".

Poi però svela un altro dettaglio inquietante: "Ho fatto ispezioni e ho visto gente che ha comprato Rolex e abbonamenti al teatro coi soldi del sindacato. Alcuni funzionari sono stati premiati, io invece...".

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