Quei paradisi terrestri che possono diventare un inferno

Il ministero degli Esteri ha redatto una lista di zone pericolose battute dagli italiani dove l'Isis potrebbe pianificare attentati

Proprio adesso che il turismo italiano aveva timidamente iniziato a riprendersi. Dopo gli attentati del 2011, in Tunisia come in Egitto i turisti si erano più che dimezzati. Ma poi il vento delle prenotazioni per Djerba e Sharm el Skeikh aveva ripreso a soffiare. Nel 2014, mentre la confinante Libia scivolava nel baratro dell'Isis, l'Istat tornava a registrare Marocco e Tunisia fra le due mete extraeuropee più visitate dai vacanzieri italiani. Per il ponte pasquale 2015, il portale europeo per i viaggi online «Travel Repubblic» ha citato Sharm el Sheik, insieme a Malta, come località più gettonata dai nostri connazionali diretti all'estero. Tutto a monte.

Eppure, negli ultimi tempi, i governi di Tunisi e quello del Cairo avevano investito molto per far ripartire l'industria del turismo, lanciando campagne promozionali e inasprendo le misure di sicurezza. Ma l'esplodere del fenomeno dei foreign fighter ha vanificato ogni sforzo. Nati in Italia, Francia o Germania, la loro fede religiosa vissuta in modo radicale, li porta su tutti i teatri di guerra non convenzionali in cui la Jihad, la guerra santa, cerca di imporre la Shari'a. Partendo dalla Siria verso l' Iraq e in generale allargandosi a tutto il Nord Africa, questo cancro si sta diffondendo ora anche all'Occidente.

Con Tripoli e Bengasi sotto lo scacco dell'Isis, la Tunisia era indicata come il Paese a più alto effetto domino. E anche il Sinai egiziano è largamente infiltrato dai jihadisti che hanno aderito al Califfato islamico. Gli attacchi in Tunisia , in Francia e in Kuwait certamente erano già stati pianificati, ma adesso il timore maggiore è che non sia finita, che altri attentati possano essere già stati progettati in altre località turistiche battute dagli italiani, e anche che si possa diffondere l'effetto emulazione.

L'Italia potenzia ulteriormente la sorveglianza impiegando l'esercito per nuovi possibili obiettivi. Ma soprattutto aggiorna costantemente la lista delle mete turistiche ritenute particolarmente a rischio. Sul portale viaggiaresicuri.it , un servizio fornito dal ministero degli Affari Esteri, vengono elencati i viaggi in aree di crisi, in particolare dove sono in corso scontri armati o violenze, e che dunque implicano serissimi rischi. Ad esempio, appena un mese fa, sul sito viaggiaresicuri.it si «sconsigliava fortemente» di avvicinarsi ai valichi di frontiera tunisini con la Libia , come anche di fare escursioni vicino ai confini con l'Algeria. «Rafforzata prudenza» veniva raccomandata in alcuni quartieri periferici di Tunisi e si chiedeva ai visitatori di «evitare assembramenti» in ogni località.

La Primavera araba, invece, non ha contagiato il Marocco , prima meta extraeuropea dei turisti italiani, geograficamente più riparata dal caos libico e, finora, indenne dagli attacchi terroristici. Ma il Marocco resta anche il secondo Stato nord-africano per numero di foreign fighter (circa 1.500) arruolati nelle file dell'Isis. Anche l' Algeria è molto esposta a sequestri e azioni dell'Isis. Ma, per le maggiori attrazioni turistiche, lo è soprattutto l' Egitto . Il pericolo, in Medio Oriente, è in aumento anche nella Giordania , infiltrata dall'Isis e con oltre 1.500 combattenti stranieri, popolata soprattutto d'estate da comitive in grand tour , anche italiane. Un rischio elevato anche in Libano , sin dall'esplosione della guerra in Siria. Ma neppure Israele, con i recenti attacchi kamikaze di palestinesi alle fermate dei mezzi pubblici di Gerusalemme, può considerarsi al riparo. Tanto meno la Turchia , meta anch'essa di migliaia di italiani, che dopo aver a lungo flirtato con lo Stato islamico ne ha preso le distanze, esponendosi a rappresaglie anche in metropoli visitatissime, lontane dai teatri di guerra, come Istanbul.

Fra i paesi particolarmente amati dai nostri connazionali ma che in questo periodo sarebbe meglio evitare si segnalano anche il Kenya , la Thailandia e il Messico .

Una regola in assoluto: i viaggiatori sono i primi responsabili della loro sicurezza. Per evitare zone ad alto rischio basterebbe non andarci.

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