L'ira di Bossetti: "Trattato come un pacco postale"

La Corte d'Assise di Bergamo ha rifiutato per la seconda volta la richiesta dei legali di Massimo Bossetti di conoscere lo stato di conservazione dei campioni di Dna e dei vestiti di Yara Gambirasio

L'ira di Bossetti: "Trattato come un pacco postale"

Per la seconda volta la Corte d'Assise di Bergamo, presieduta dal giudice Patrizia Ingrascì, ha respinto la richiesta dei legali di Massimo Bossetti di conoscere lo stato di conservazione dei reperti e i campioni del Dna periziati durante le indagini per l'omicidio di Yara Gambirasio. "Mi trattano come un pacco postale", ha commentato l'ex muratore di Malpello con una lettera indirizzata ai conduttori di "Icerberg Lombardia", in onda questa sera su Telelombardia.

L'innammissibilità della richiesta

C'è una sentenza definitiva che condanna Massimo Bossetti all'ergastolo per l'assassinio di Yara Gambirasio, la ginnasta tredicenne di Brembate Sopra (Bergamo), massacrata la sera del 26 novembre del 2010 tra le campagne di Chignolo d'Isola. Ciononostante Claudio Salvagni e Paolo Camporini, i difensori del 51enne, stanno battendo tutte le strade possibili per riaprire il processo. La partita si gioca attorno a quei famosi "scartini" di Dna e alcuni vestiti (gli slip e i leggins della ragazzina) repertati durante le indagini a cui gli avvocati non hanno mai avuto accesso. Dopo un primo rifiuto a giugno 2021, per la seconda volta, la Corte d'Assise di Bergamo ha dichiarato "inammissibile" la richiesta dei legali di accedere ai campioni oggetto di confisca nonostante l’annullamento con rinvio disposto dalla Cassazione lo scorso 26 luglio 2021. "Se vi abbiamo negato l'esame dei reperti a maggior ragione non vi dobbiamo dire come e dove sono stati conservati", scrivono i giudici nell'ordinanza.

La reazione dei legali

"La corte di Bergamo probabilmente pensa di essere superiore alla corte di Cassazione, se i principi di questa vengono disattesi. Se pensano che la difesa abbandoni per stanchezza si sbagliano di grosso. Stiamo già lavorando al quinto ricorso", ha spiegato l’avvocato Claudio Salvagni nel corso di un itervento al programma "Iceberg Telelombardia". "Per noi è fondamentale conoscere questo stato di conservazione - ha proseguito il legale -perché come è noto affinché si possano fare delle analisi sul dna occorre che questo sia stato conservato a temperatura costante e sotto lo zero cosi com’era custodito al San Raffaele di Milano prima della confisca.Se prima potevamo avere dei dubbi che questi reperti fossetto stati distrutti ora ne abbiamo la certezza oppure resi inutilizzabili per via di una cattiva conservazione. Non si vuole assolutamente consentire che gli errori clamorosamente commessi vengano smascherati".

La lettera di Bossetti

Anche Massimo Bossetti ha voluto commentare la decisione della Corte d'Assise di Bergamo con una missiva indirizzata alla redazione del programma in onda su Telelombardia. "Sono confinato trattenuto dentro a queste mura che ogni giorno mi stanno sempre più strette, continuo nel vedermi la dignità disconosciuta, disprezzata, calpestata e i miei diritti fondamentalmente ignorati e violati. - scrive il 51enne dal carcere - Sono mesi ormai che attendo che si fissi questa benedetta udienza in corte d’Assise sull’analisi dei reperti. Com’è possibile che la decisione di organo Supremo come una Corte di Cassazione, che per tre volte consecutive si è espressa in modo favorevole accogliendo tutti i miei tre ricorsi, venga ancora oggi ignorata". L'ex muratore di Malpello protesta per i "ritardi" della Suprema Corte che ha fissato l’udienza per la decisione sull’analsi dei reperti il prossimo 7 aprile (la decisione sarebbe dovuta arrivare lo scorso 16 novembre).

"Continuare nel rimbalzarmi da una Corte all’altra come se fossi un semplice pacco postale.- continua Bassetti - divenuto ormai fin troppo scomodo e pericoloso per essere preso in considerazione. A oggi mi chiedo perché tutta questa assurda perdita di tempo?".

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