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Rivelò Wuhan, blogger in cella. Ma su Pechino Occidente muto

Zhang Zhan ha trentasette anni, gli occhiali tondi e il volto di chi non sa mentire. Il suo peccato è aver raccontato cosa stava accadendo a Wuhan quando il virus non aveva ancora un nome

Rivelò Wuhan, blogger in cella. Ma su Pechino Occidente muto

Zhang Zhan ha trentasette anni, gli occhiali tondi e il volto di chi non sa mentire. Il suo peccato è aver raccontato cosa stava accadendo a Wuhan quando il virus non aveva ancora un nome. Scriveva. Scriveva sul suo blog e su varie piattaforme e poi ha cominciato a parlare con giornalisti di varie parti del mondo. Non commentava. Diceva: qui gli ospedali sono strapieni. Qui si muore di una strana malattia che assomiglia alla polmonite, ma polmonite non è. Qui c'è un virus nuovo che è saltato da un animale all'uomo. Qui il silenzio sta diventando una colpa. Zhang è una donna che non sa stare zitta. È per questo che l'hanno arrestata e processata e ora il tribunale di Shanghai l'ha condannata a quattro anni di carcere. Il reato è avere diffuso informazioni false. Ha raccolto in giro rabbia e rancore e in questo modo ha creato problemi. Ha parlato di Covid quando non era opportuno farlo. Non sarà l'ultima a scontare la pena. Ci sono altri blogger e altri giornalisti in lista d'attesa. Zhang Zhan è in carcere da maggio e per non essere invisibile ha smesso di mangiare. Sciopero della fame. È stata alimentata con la forza.

La sua storia non è un caso isolato. Non è un'anomalia. È come funzionano le cose in Cina. È la cultura del Paese più ricco al mondo. È una delle alternative a quella civiltà morente che per convenzione viene chiamata Occidente. Ogni volta che senti maledire il sistema di valori liberali e democratici, spesso da chi ci campa, pensi a quanto sei fortunato a non vivere altrove. Le liberaldemocrazie sono zeppe di miseria e di ingiustizie. Qualcosa senza dubbio si è rotto da tempo. Ci sono punti critici che si fa fatica a migliorare. L'Occidente non è il paradiso e, in realtà, non ha mai neppure avuto questa ambizione. La libertà, la democrazia, il capitalismo si fondano sull'imperfezione. Non sono costruiti sull'utopia, forse ne hanno perfino un po' paura, perché la promessa del paradiso cancella l'umanità. Sono in tanti però a odiare questa imperfezione. Non si accontentano di cercare la propria felicità, ma la vogliono subito, in tasca, come se fosse un diritto acquisito. Ma dove sta questa felicità? È sempre altrove. È sempre una rivoluzione. È sempre una promessa a portata di mano. L'importante è rinnegare il vecchio e bastardo mondo dove ti sei ritrovato a nascere. Meglio il comunismo cinese. Meglio la sua metamorfosi. Meglio il ritorno all'antico, quando il pane sapeva di pane. Non importa se avvelenato. C'è chi sogna una civiltà dove Dio non è morto e dove il Libro detta legge. Il Dio interpretato da un'ossessione talebana che, in nome di Allah, semina terrore.

Meglio il ritorno all'autoritarismo di un'Europa orientale che ha già dichiarato la liberaldemocrazia obsoleta. Sono queste le alternative. Sono posti dove se racconti quello che vedi finisci in carcere. Allora se l'Occidente è morto tanto vale morire con lui.

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