Cronache

Il racconto di Ferrino: "Io 5 ore sotto la neve, ma ho ripreso a sciare"

Non scorderà mai quella terribile esperienza. La sua vita appesa a un filo, per cinque interminabili ore

Il racconto di Ferrino: "Io 5 ore sotto la neve, ma ho ripreso a sciare"

In questi giorni di valanghe, morti e slavine, il racconto di Roberto Ferrino a Il Corriere, fa venire i brividi. Difficile per lui, 51enne amante della montagna e dei suoi silenzi, dimenticare quel 6 marzo del 2018 quando, proprio mentre si trovava ad alta quota, ha rischiato di morire. Rivede tutto davanti agli occhi Ferrino, artigiano edile residente in provincia di Cuneo. Come un film d’avventura, dove però il protagonista è lui. Si trovava sul Viribianc, nella zona cuneese della Valle Grana, a circa 2.500 metri di altezza, quando improvvisamente è stato travolto da una valanga.

Il cuore in gola

Trascinato a valle per oltre 200 metri, è rimasto là, sepolto dall’ammasso di neve per cinque ore. Lui, esperto della montagna e della sua imprevedibile forza, si era accorto del distaccamento un attimo prima che avvenisse. Aveva sentito uno strano rumore e aveva alzato gli occhi. Aveva visto il lenzuolo di neve staccarsi e raggiungerlo. Il gps che aveva con sé ha registrato la sua frequenza cardiaca: 170 battiti al minuto. Parte da lì il racconto di Roberto Ferrino. La sopravvivenza media, in quelle circostanze, è inferiore ai 30 minuti. Ferrino lo sa. Quando ha finito di cadere ha aperto gli occhi. Si trovava sepolto da un ammasso di neve ma era vivo. Era sicuro, o forse voleva convincersi, di riuscire a uscire da quella situazione. Dopo un tempo indeterminato è svenuto, ma non sa dire quando. Aveva perso sci, scarponi e anche un guanto che gli aveva portato un inizio di congelamento alla mano.

Roberto Ferrino aveva sperato di liberarsi da solo

Ferrino si era accorto di riuscire a muovere una gamba: la neve quindi non doveva essere tantissima sopra il suo corpo. O almeno, era ciò che aveva pensato. “Quando ho mosso la gamba ho immaginato non solo di potermi liberare ma anche di rimettere gli sci e scendere come se nulla fosse. Mi sono detto: vabbé dai, hai preso un bello spavento ma adesso ti rialzi, ti rimetti gli sci ai piedi e vai a casa senza dire niente a Cristina (la sua compagna). Pensavo di raccontarlo solo a pochi amici per riderci su. E invece...” e invece tutto il resto del corpo era completamente bloccato. Nessun modo di farsi largo nella neve e cercare di salvarsi. Ferrino è poi svenuto, stremato dal freddo e dalla stanchezza. Si è poi risvegliato il giorno seguente in ospedale.

Il pensiero ai morti degli ultimi giorni

Adesso pensa ai morti degli ultimi giorni, alla donna e alle due bambine di sette anni uccise da una slavina in Val Senales, e al ragazzo morto ieri poco lontano dal rifugio Tuckett, sopra Madonna di Campiglio. Uno strazio, come lo ha definito lui. Quello stesso 2018 ha rimesso gli sci perché, come ha confessato: “Non volevo e non voglio aver paura, è una questione di testa”. Come quando cadi dalla bici e ti fai male, più passa il tempo e più rischi di non risalirci più. Quel terribile 6 marzo gli ha insegnato soprattutto che “in montagna non si deve mai andare da soli come feci io quel giorno. Dopo quel che mi è successo ho giurato a Cristina che non l’avrei mai più fatto e manterrò la promessa, ora non vado solo nemmeno nelle gitarelle in spiaggia.

Anche perché non posso fare a meno di pensare alla sofferenza che lei ha patito finché non mi ha saputo vivo”.

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