Roma, centro d'accoglienza di Tiburtino III già bersaglio di proteste

Lo scorso 29 giugno una manifestazione ha visto contrapposti da una parte CasaPound e dall'altra cittadini, Anpi e Rifondazione Comunista

Roma, centro d'accoglienza di Tiburtino III già bersaglio di proteste

Il centro d'accoglienza di Tiburtino III in cui ieri sera è scoppiata una lite finita con il ferimento di un eritreo era già stato sommerso dalle polemiche lo scorso 29 giugno.

Il presidio umanitario di via del Frantoio è gestito dall Croce Rossa nella periferia est della Capitale. La struttura, che ospita circa un centinaio di persone, tra uomini, donne e bambini, non è però tollerata dagli abitanti della zona. Alcuni lamentano il fatto che il centro sia a pochi passi da una scuola materna e elementare e che, proprio per questo, le iscrizioni siano diminuite.

In prima fila nel chiederne la chiusura è da sempre CasaPound Italia che il 31 ottobre 2016 ha promosso un primo sit in in piazza Santa Maria del Soccorso: "Il Presidio è illegale, e in quanto tale va chiuso", questa la tesi dell'organizzazione di destra, che lamenta la "situazione di degrado in diversi quartieri del IV Municipio, dovuta al flusso incontrollato di immigrati promosso dalle amministrazioni locali, col conseguente aumento di azioni criminali". Allora, da pochi giorni la convenzione tra Comune e la Croce Rossa di Roma era stata prorogata di altri sei mesi. E un'ulteriore proroga è stata all'origine di un altro pomeriggio di protesta, il 29 giugno scorso, quando a manifestare - divisi solo dai cordoni di uomini e mezzi delle forze dell'ordine - si sono ritrovati, da un lato, ancora CasaPound, e dall'altro cittadini, Anpi e Rifondazione Comunista.

Due visioni completamente contrapposte del problema, sintetizzate plasticamente da due striscioni: "Tiburtino III dice basta", quello di CasaPound, "Qui non c'è spazio per i fascisti", quello di Anpi e Rifondazione. La tensione si è poi riaccesa iera sera quando una discussione tra bambini ha generato una lite.

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