Per la prima volta in undici mesi di governo gialloverde Matteo Salvini e Luigi Di Maio pronunciano senza esitazione alcuna la parola «crisi». La evocano per smentirla, certo. Ma il fatto che i due vicepremier arrivino a esplicitare lo spettro che da mesi incombe sulla maggioranza non è un dettaglio. Da comunicatori navigati quali sono, infatti, i due sanno bene che le parole hanno un peso, soprattutto alcune e ancora di più quando sono ripetute più volte e per giunta a favore di telecamera. Perché una nota scritta rilanciata dalle agenzie di stampa o un post su Facebook hanno una portata (...)
(...) decisamente meno intensa di una dichiarazione in tv.
Così - prima che a sera scoppi il caso Giorgetti con il M5s che chiama direttamente in causa Salvini - a tenere alta la tensione per tutto il giorno ci pensano i due vicepremier, rimbalzandosi fin dalla mattina l'accusa di voler aprire una crisi di governo. Nel lasso di soli cinquanta minuti - tra le 10.45 e le 11.35 - Di Maio e Salvini si rinfacciano infatti la responsabilità dell'eventuale show down. «Anche oggi la Lega minaccia di far cadere il governo, lo aveva già fatto con la Tav. Sono davvero sbalordito», la butta lì il leader del M5s su Facebook. «La crisi di governo è solo nella testa di Di Maio», replica subito il ministro dell'Interno. Un uno-due a cui segue un pomeriggio ad alta tensione, con Salvini che non esita a tornare sulla questione, questa volta a favore di telecamere: «Non c'è nessuna crisi, abbiamo troppe cose da fare per perdere tempo».
Una continua escalation, insomma. Che ha il suo culmine a sera, quando la notizia che Giancarlo Giorgetti avrebbe fatto assumere a Palazzo Chigi il figlio di Paolo Arata (l'imprenditore che avrebbe dato la mazzetta ad Armando Siri) scuote il governo dalle fondamenta. Il potente sottosegretario alla presidenza del Consiglio, infatti, è uno degli uomini chiave della Lega ed è chiaro che il suo coinvolgimento nell'inchiesta su Siri è una bomba ad orologeria. Che esplode una mezz'ora più tardi, quando il M5s chiama direttamente in causa Salvini. «Era a conoscenza di tutto questo? Ora faccia chiarezza», si legge in una nota dei Cinque stelle. Un affondo senza precedenti, perché mai era successo in questi undici mesi di governo che il M5s invocasse la questione morale puntando il dito direttamente contro il leader della Lega, uno che sulla legalità ha costruito la sua leadership. Ecco perché, questo racconta chi ha avuto occasione di sentirlo ieri, Salvini a sera era letteralmente fuori di sé. Se il rapporto personale tra lui e Di Maio si stava logorando ormai da mesi, mai il leader della Lega avrebbe immaginato che il suo collega di governo sarebbe arrivato a tanto. La notizia dell'assunzione di Federico Arata a Palazzo Chigi, infatti, sarebbe stata fatta trapelare proprio dal M5s. Questa è la convinzione di Salvini e Giorgetti. Al punto che in privato i due non esitano a parlare di «dossieraggio».
Per il governo Conte, dunque, il conto alla rovescia pare davvero essere iniziato. Che poi lo «zero» arrivi a breve, subito dopo le Europee del 26 maggio o magari a settembre con la legge di Bilancio non è ancora chiaro.
Di certo, invece, c'è che è ormai cominciato il gioco del cerino. Nessuno dei contendenti, infatti, vuole intestarsi uno show down che rischia di pesare negativamente sui consensi. A poco più di un mese dalle elezioni né Salvini né Di Maio possono permetterselo.Adalberto Signore