Cronache

Sanità, Oliverio contro 5S: "Abrogare subito decreto Calabria"

Il presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio, ancora una volta contro il Decreto voluto dall'ex ministro della salute 5 Stelle Giulia Grillo

Sanità, Oliverio contro 5S: "Abrogare subito decreto Calabria"

"Le preoccupazioni espresse dalla Conferenza provinciale dei Sindaci di Cosenza sullo stato in cui versa la sanità sono assolutamente da condividere". É quanto afferma, in una nota, il presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio.

"Va interpretato come un atto di responsabilità - prosegue - l'appello che i sindaci intendono rivolgere al ministro Speranza affinchè si possa attuare una azione interruttiva della linea che i diversi governi nazionali hanno finora indicato per la gestione del servizio sanitario regionale calabrese. O il ministro Speranza è in grado di dare una svolta oppure sarà irreversibile il baratro verso cui precipiterà grande parte dei servizi sanitari, assistenziali e ospedalieri. Il Governo nazionale deve lavorare a invertire il trend di una gestione commissariale che invece di risanare i conti e riqualificare i servizi, dopo oltre un decennio, è divenuta essa stessa fonte di crisi e di disservizio. Vanno innanzitutto abrogati o almeno immediatamente modificati i contenuti del famigerato Decreto Calabria".

Il Decreto approvato lo scorso giugno, affidava al governo la possibilità di nominare i nuovi commissari delle aziende sanitarie e ospedaliere della Calabria al posto dei manager (scelti dalla Regione guidata dal governatore del Pd Oliverio) il cui operato fosse stato giudicato insufficiente. Il ministro Grillo aveva però promesso che, grazie al nuovo Decreto, la politica sarebbe stata finalmente estromessa dal controllo di un sistema regionale che, ogni anno, riceve 3,6 miliardi di risorse pubbliche. Così non è stato.

"Prima di tutto - dice ancora Oliverio - bisogna garantire i livelli di sicurezza delle prestazioni ospedaliere e a questo fine va sbloccato il turn-over per consentire la stabilizzazione dei lavoratori precari e consentire nuove immissione nei ruoli organici degli ospedali e delle aziende sanitarie. Non si può, inoltre, ancora indugiare per la definizione di un piano di investimenti per l'ottimizzazione e l'adeguamento dei livelli tecnologici degli impianti e delle attrezzature sanitarie".

"In questi anni - sottolinea il presidente della Regione - è stato precluso all'amministrazione regionale di poter programmare ed effettuare un governo della sanità calabrese. In particolare, durante la mia esperienza di governo, sono stati accentuati ed estesi i poteri dell'Ufficio del Commissario, senza però rivolgere l'attenzione ai bisogni dei calabresi. Non è un caso che i disavanzi sanitari sono vorticosamente aumentati e sono sempre più diminuiti i livelli essenziali di assistenza. Il comparto della sanità, pur se investe i due terzi della disponibilità finanziaria del bilancio regionale, è stato l'unico settore su cui la Regione che rappresento, non si è potuta cimentare".

"Ciò - osserva Oliverio - non è soltanto lesivo del principio dell'autonomia regionale ma è stata la via per subordinare l'organizzazione della sanità calabrese a scelte centraliste, addirittura funzionali, al potenziamento di modelli sanitari delle regione del centro e del nord". "La incredibile vicenda della cessione di fatto alla regione Veneto della organizzazione della rete chirurgica ospedaliera -conclude Oliverio - è solo l'ultima dimostrazione".

La Consulta intanto respinge il ricorso della Regione

Il "Decreto Calabria" che ha introdotto misure emergenziali per la sanità regionale non viola la Costituzione. La Corte Costituzionale ha infatti dichiarato l'inammissibilità e l'infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Regione Calabria contro la legge 60/2019 di conversione del decreto legge 35, approvato dal governo nazionale il 30 aprile scorso.

A maggio la Regione aveva fatto ricorso contro il "Decreto Calabria" sostenendo che "l'intervento statale, assunto in materia di legislazione concorrente, è privo di presupposto legittimante" fondandosi - a detta della ricorrente - su un Piano di rientro già scaduto, e lamentando "il pregiudizio della sfera di attribuzioni legislative, finanziarie e amministrative" dell'ente e la violazione del principio di leale collaborazione" tra istituzioni. Tesi, queste, però non accolte dalla Corte costituzionale, secondo la quale "l'intervento nel suo complesso è riconducibile alla competenza esclusiva dello Stato non soltanto perchè attinente all'esercizio del potere sostitutivo statale, ma soprattutto perchè rientrante nella sua competenza esclusiva in tema di "determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. E, nella misura in cui risponde alla funzione di orientare la spesa sanitaria verso una maggiore efficienza, l'intervento stesso rientra nell'ambito dei principi fondamentali della materia concorrente 'coordinamento della finanza pubblicà".

Secondo la Consulta, inoltre, "le concorrenti competenze regionali non risultano violate ma solo temporaneamente ed eccezionalmente contratte, in ragione della pregressa inerzia regionale o, comunque, del non adeguato esercizio delle competenze stesse", inoltre - si legge ancora nella decisione della Corte costituzionale - "l'introduzione di una disciplina temporanea, avente come unico destinatario la Regione Calabria non costituisce un intervento discriminatorio, ma ha la finalità di realizzare un necessario riallineamento della gestione della sanità locale rispetto agli standard finanziari e funzionali operanti per la generalità degli enti regionali"

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