Scaricabarile gialloverde: la crisi dipende dal Colle

L'alibi del no alle urne anticipate. Salvini: Mattarella non ci farà votare. Ed evoca la crisi: se superiamo il 30% inevitabile

Scaricabarile gialloverde: la crisi dipende dal Colle

Mancano esattamente dieci giorni al primo compleanno del governo Conte e nel pieno di un immobilismo che Lega e M5s continuano a rimpallarsi, Sergio Mattarella diventa il prinparalisi. Lo dicono pubblicamente, lo lasciano intendere velatamente o lo confermano in privato tutti i protagonisti dell'autoproclamato «governo del cambiamento». A partire dal premier Giuseppe Conte, passando per le due leadership politiche dell'esecutivo, Luigi Di Maio e Matteo Salvini. La colpa non è loro, ma del Quirinale. Un vero e proprio scaricabarile.

Ha iniziato qualche giorno fa il leader della Lega. Che, con uno dei tanti big del Carroccio che in privato lo invitava a staccare la spina al governo, ha argomentato sicuro: «Se prendiamo il 30% la crisi è quasi inevitabile. Ma stai attento che Mattarella non ci farà mai andare a votare. Rischiamo comunque una crisi al buio e di restare con il cerino in mano». Come a dire, inutile che continuate a pressarmi, se non mi muovo la colpa non è mia. Del Quirinale, appunto. Che in caso di crisi, ragiona il vicepremier, non è affatto scontato che dia il via libera a elezioni anticipate. Un modo, è la convinzione del suo interlocutore, per provare a frenare il pressing di un pezzo importante del Carroccio, scaricando su altri le ragioni di una prudenza che a via Bellerio inizia a suscitare qualche dubbio. Capacità e fiuto politico di Salvini non sono in discussione, ci mancherebbe. Ma perché ancora tentenna nonostante l'abbraccio di Di Maio sia diventato «mortale»? Non sarà, è il timore che attanaglia più di un colonnello della Lega, che stia diventando «prigioniero di se stesso come solo qualche anno fa è successo a un altro Matteo»? Così, il rimandare al Colle una prospettiva che in verità è legata solo ai numeri del Parlamento e alla disponibilità dei diversi gruppi parlamentari a dare eventualmente vita a un altro esecutivo, è stato interpretato da qualcuno come un modo per gettare la palla in tribuna. Peraltro, pur nel rigoroso silenzio che Mattarella si è imposto e ha preteso dai suoi in questa ultimo scorcio di campagna elettorale, il sentiment del Quirinale pare essere esattamente l'opposto. Se si dovesse arrivare alla crisi, infatti, il capo dello Stato non avrebbe esitazioni a tornare al voto. Al punto che al Colle avrebbero già cerchiato sull'agenda le date del 15 settembre e del 6 ottobre. Chi frequenta con assiduità le stanze del Quirinale è addirittura dell'idea che Mattarella consideri ormai «ineluttabile» sia la crisi che il ritorno alle urne. Tanto che neanche l'eccezionalità del voto in autunno (unico precedente nel 1913, ai tempi del Regno d'Italia) è ormai considerata un impedimento.

D'altra parte, il vicepremier leghista non è l'unico che prova a «scaricare» sul Colle. Ieri è stato il turno di Conte, che ha provato a rimbalzare sul Quirinale lo stop al decreto Sicurezza bis e al decreto Famiglia. Mica colpa di una maggioranza che ormai litiga anche sull'ora in cui convocare il Consiglio dei ministri, la responsabilità è tutta dei rilievi del Colle. E tanta è l'enfasi con cui da Palazzo Chigi viene veicolato l'improbabile scenario che nel tardo pomeriggio sulle agenzie rimbalza la notizia secondo cui Conte sarebbe già da Mattarella per un faccia a faccia. Circostanza smentita a stretto giro dal Quirinale. Nessun incontro. Forse oggi. E non necessariamente di persona. Potrebbe essere sufficiente una telefonata. Come a dire che per il Colle non si tratta di una questione prioritaria. Perché Mattarella non ha alcuna intenzione di prestarsi allo scaricabarile in corso tra M5s e Lega.

Che questa sia l'intenzione dei due partiti di maggioranza, infatti, è abbastanza evidente. Non è un caso che proprio Di Maio ieri abbia più volte puntato il dito contro Salvini.

«Dopo che ha aperto lo scontro con il Papa - ha detto il leader M5s - adesso ci manca solo lo scontro con il presidente della Repubblica». Di nuovo colpa di Mattarella, insomma. Detto dallo stesso Di Maio che un anno fa ne chiedeva l'impeachement.

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