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La scelta di credere nella Next Generation

La fiducia è un sentimento raro e non è affatto marginale nei destini di una repubblica.

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La fiducia è un sentimento raro e non è affatto marginale nei destini di una repubblica. Non ha solo a che fare con la libertà, perché senza fiducia non è facile sentirsi liberi, ma è fondamentale per prendersi il futuro, per costruire qualcosa che resta. Se si vuole ricostruire l'Italia la fiducia è l'ingrediente principale e se manca è quasi inutile provarci. È la fiducia dello Stato verso i cittadini e le imprese, dell'Europa verso l'Italia, della Corte dei Conti e della Banca d'Italia verso il governo. E viceversa. Questo non significa chiudere gli occhi, ma non partire con una dose insostenibile di scetticismo, con l'idea che il marcio vince su tutto. Chi non si fida chiaramente ha una montagna di ragioni storiche e culturali per vivisezionare ogni spesa. Non siamo un Paese al di sopra di ogni sospetto, anzi. Solo che questa diffidenza corrode alla radice il piano di ripresa. Il progetto Next Generation non nasce come qualcosa di ordinario. È un'opportunità unica, di grandi prospettive, che appunto si propone di disegnare il futuro. È una di quelle imprese straordinarie che fissano un crocevia, un'opportunità per chi verrà dopo di noi. Se non ci credi, se non vai veloce, rischi di impantanarti. Ti fermi e cominci a pensare che non fare nulla sia la scelta in fondo più razionale. Solo che questa è una resa. Il Pnrr avrebbe invece bisogno, su larga scala, e questo rende ogni passo più difficile, dello spirito con cui è stato ricostruito il ponte Morandi. In quel caso, dopo il dolore, lo sgomento, la rabbia, ha vinto la fiducia. Non era affatto scontato. Tutto in fondo diceva il contrario. Il ponte cade per incuria, per cinismo, per menefreghismo e avidità, eppure per ricostruirlo si va oltre, si scommette contro lo scetticismo. I controlli ci sono stati, ma non come esercizio di potere burocratico. Non sono stati un ostacolo, ma un aiuto.

La scelta del governo di limitare i controlli preventivi della Corte dei Conti non è una scorciatoia. È, se lo si guarda senza pregiudizi, un atto di coraggio. Significa assumersi in modo diretto e profonde maggiori responsabilità. Il significato politico è netto. Il governo ci crede. Il Pnrr diventa il terreno più importante su cui Giorgia Meloni si gioca la sua credibilità. La Corte dei Conti poteva in fondo rappresentare anche un alibi, un modo per giustificare ritardi, per denunciare i soliti cavilli che rallentano ogni progetto italiano. È, se si vuole, l'azzardo di metterci la faccia. Tutto questo sapendo benissimo che il sentimento diffuso è impregnato di disillusione. È quel pensare male davanti a ogni cosa che si fa, perché sicuramente c'è qualcosa di losco. Il brutto è che anche l'Europa si pone sullo stesso confine. Eric Mamer, portavoce di Ursula von der Leyen, fa capire che a Bruxelles non sono contenti. La burocrazia vuole burocrazia. Si evocano poteri suppletivi di controllo per la Commissione europea. È insomma una risposta da malpensanti. La fiducia con cui nasce il piano Marshall targato Ue si sta dissolvendo. È come se la stessa Europa non credesse allo spirito del Next Generation. È un passo indietro rispetto al futuro.

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