Economia

Se Palazzo Chigi è zavorra del Pil

Con i tassi d'interesse ai minimi storici e l'inflazione allo 0,2%, per ottenere rendimenti annui maggiori dell'unovirgola di qualche Btp a breve è necessario assumersi rischi via via crescenti

Se Palazzo Chigi è zavorra del Pil

Il 2016, per i risparmiatori italiani, si presenta insidioso. Le crisi bancarie esplose proprio nelle ultime settimane del 2015, con l'azzeramento di 430 milioni di bond subordinati venduti al pubblico, di cui 330 a clienti delle banche stesse, hanno minato certezze e speranze finanziarie come raramente era avvenuto nel dopoguerra; relegando nelle retrovie persino il dato della Borsa italiana, che nel 2015 è stata la migliore d'Europa (+14%). In questo quadro, l'anno finanziario che inizia stamane, con la roboante quotazione della Ferrari in Piazza Affari, offre un orizzonte definitivamente inedito rispetto al passato: gli investimenti sicuri non esistono più. Nemmeno il conto corrente lo è. Mentre con i tassi d'interesse ai minimi storici e l'inflazione allo 0,2%, per ottenere rendimenti annui maggiori dell'unovirgola di qualche Btp a breve è necessario assumersi rischi via via crescenti.

A fronte dei quali la politica, tramite lo Stato, non potrà più intervenire: quell'epoca lì è finita, sepolta per sempre nel novembre scorso dalla crisi delle 4 banche territoriali. Ma non per questo quella stessa politica, tramite il governo, può disinteressarsi del risparmio e degli investimenti dei suoi cittadini. O addirittura render loro la vita ancor più difficile. Come invece, più o meno deliberatamente, ha fatto negli ultimi tempi. Il dato più eclatante è quello della ripresa dell'economia. Il 2015 è stato una delusione. Lo 0,8% di crescita del Pil è poco: il più basso del G7 e la metà dell'area euro. Anche al netto della inadeguatezza di un indice, il Pil, ormai insufficiente a sintetizzare la reale salute delle economie supertecnologiche post-crisi, è pacifico che la politica economica e le riforme di questo governo non hanno saputo dare al sistema l'accelerazione sperata.

Poi c'è la crisi di Banca Marche, PopEtruria, CariChieti e CariFerrara, che ha tradotto in chiaro l'impreparazione di chi ci sta governando. Per almeno due aspetti: il primo è la gestione del dossier, perché è realmente incredibile come il governo Renzi-Padoan non avesse compreso le conseguenze politiche e finanziarie del decreto del 22 novembre scorso al punto da non adottare soluzioni diverse o, almeno, trovare il modo di preparare l'opinione pubblica. Il secondo è lo scarsa o nulla attenzione che l'Italia ha prestato per la direttiva Brrd (quella sui salvataggi bancari) e per le conseguenze della sua entrata in vigore.

Tanto che c'è chi, come l'economista Luigi Zingales, propone al governo di chiedere una moratoria di 12-18 mesi, ricordando che con le nuove norme già in vigore sono a rischio anche i bond bancari ordinari, secondi solo ai Bot per diffusione tra i risparmiatori italiani, caso unico in Europa.Ecco allora che, di fronte alle difficili scelte d'investimento tra i rischi e le opportunità finanziarie del 2016, sarebbe auspicabile che la politica del governo cambi radicalmente corso.

E cessi di essere zavorra di cui non c'è proprio bisogno.

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