L'ultimo sondaggio dice che la Lega, dopo una leggera flessione, si riprende e sfiora il 31 per cento mentre i Cinquestelle flettono al 26,2, nuovo record negativo dal 4 marzo a oggi. La forbice dello «spread politico» si allarga e spiega il nervosismo - per usare un eufemismo - tra i due soci di governo. Il primo, Salvini, tiene il punto usando con l'alleato la tattica del bastone e della carota. Il secondo, Di Maio, cerca di risalire la corrente avversa ma più si agita più retrocede. Il risultato è il caos su tutti i fronti. Dopo giorni passati a negare il problema, ieri il ministro Tria ha ammesso che lo spread a 300 sta diventando un problema serio, ma le sue parole paiono cadere nel vuoto. Il sospetto, a questo punto, è che a Salvini e Di Maio l'unico spread che interessa sia quello politico: che me ne importa se il Paese va giù, l'importante è che il mio partito stia più su di quello del mio alleato.
Lo «spread politico» non vive di fatti ma di parole, di post sui social, di comparsate in tv o ai convegni, di selfie sui luoghi simbolo della cronaca quotidiana, dalle zone alluvionate ai campi rom sgomberati. Per un punto di «spread politico» questo governo è pronto a sacrificarne dieci di «spread finanziario». Come? Continuando a mentire, a fare credere a noi e all'Europa che «tutto va bene madama la marchesa», titolo di una famosa canzone francese, diventato modo di dire e da qualche settimana anche motto del Tg1, organo ufficiale di Palazzo Chigi.
Apparentemente lo scontro è tra l'Italia e l'Europa, ma in realtà è tra Salvini e Di Maio. Sulla bocciatura della manovra il primo dice: «Me ne frego, non si tratta». Il secondo: «Siamo pronti a trattare». E il terzo incomodo Conte, premier per caso, non sapendo che pesci prendere, azzarda un: «Se dovete punirci fatelo, ma vi prego con calma». Risultato: l'asta dei titoli di Stato chiusa ieri è stata un disastro perché investitori privati e mercati, non capendo più a chi dare retta dei tre, nel dubbio si astengono dal comprare il nostro debito.
A questo punto viene da pensare che il ministro dell'Economia europeo Moscovici non abbia tutti i torti a dire,
come ha fatto ieri, che «con l'Italia non si può fare una trattativa da mercanti di tappeti». Salvini si è offeso: «Gli italiani non sono venditori di tappeti». Giusto, gli italiani no, ma questo governo temo proprio di sì.
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