Coronavirus

Se è vietato dire "come stai?"

"Come stai?". La più banale e retorica delle domande, adesso suona come un interrogatorio. Anche perché, prima della pandemia, nessuno ti chiedeva come stai

Se è vietato dire "come stai?"

«Come stai?». La più banale e retorica delle domande, adesso suona come un interrogatorio. Anche perché, prima della pandemia, nessuno ti chiedeva come stai per indagare il tuo reale stato di salute. Era una formula scontata, vuota, priva di reale significato: una non domanda. Un modo come un altro per iniziare una conversazione, un rito di cortesia, quasi un tic. Perché, tutto sommato, davamo per scontato che il nostro interlocutore non se la passasse così male.

Adesso «Come stai?», torna invece al suo significato originario, lessicale. Perde la sua tranquilla veste amicale e ne indossa una più indagatoria. A tratti ansiogena. Non è più una domanda formale - automatica, sovrappensiero - della quale poi non si ascolta neppure la risposta, anche perché quasi tutti rispondevano «bene». Ora l'innocuo «come stai», dopo anni di ignavia, riesce persino a seminare il panico. E ognuno, di fronte al più classico dei quesiti, risponde nel modo più disparato, disvelando una parte di se stesso.

C'è chi vede nella stessa domanda una diagnosi medica e si fa assalire dal dubbio: «Perché me lo chiedi? Mi vedi male?». Chi risponde sciorinando gli ultimi dati sanitari raccolti: «Mezz'ora fa avevo 36,5 di temperatura tu?» e poi prosegue srotolando tutta la sua storia clinica dal morbillo delle elementari fino all'ultimo episodio di cistite. C'è lo scaramantico che, anche se gode di ottima salute, lascia la porta aperta al fato: «Per ora bene» e nel frattempo si abbandona a gesti apotropaici.

Poi ci sono i cintura nera quarto dan dell'ipocondria, quelli che solo sentendo la domanda iniziano ad avvertire i più svariati sintomi, si passano la mano sulla fronte che si sta imperlando di sudore, e rispondono con alcuni colpi di tosse che rimbombano nella cornetta del telefono. Ovviamente è tosse nervosa, perché stanno benissimo. Agli antipodi c'è l'invincibile. Quello che risponde al telefono scatarrando ma che ci tiene a rassicurarti che sta «benissimo, mai stato meglio in vita mia. Le malattie mi schivano». Ma c'è chi s'innervosisce, pensa che chiedere «Come stai?», in una situazione simile, sia fuori luogo. Un'abitudine da cestinare o da mettere in naftalina per poi riutilizzarla in tempi migliori. Noi, sommessamente, speriamo che torni il prima possibile il vecchio e caro «Come stai?», inutile, superfluo, disinteressato, domanda retorica subito disponibile ad essere dimenticata.

Allora, e non ci sarà bisogno di dircelo, staremo meglio.

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