Cronache

Chiami "pelato" un uomo? È "molestia sessuale"

Il "pelato" che ha avviato la causa è un elettricista 64enne, che aveva citato in giudizio la vecchia ditta presso cui lavorava

Chiami "pelato" un uomo? È "molestia sessuale"

Dal Regno Unito arriva una sentenza che sta già facendo discutere Oltremanica, poiché ha stabilito che chiamare un uomo "pelato" può equivalere a una "molestia sessuale". La notizia di questa decisione giudiziaria è stata diffusa ieri dalla stampa britannica, secondo cui si tratta di un verdetto emesso in merito a una causa intentata dall'elettricista Tony Finn contro la ditta presso cui aveva lavorato per tanti anni.

Il 64enne Finn aveva infatti citato in giudizio l'azienda manifatturiera British Bung Company, con sede nel West Yorkshire e presso cui lui aveva prestato servizio per 24 anni, accusando i responsabili della stessa di averlo offeso e "molestato" sul luogo di lavoro e di averlo poi licenziato ingiustamente. Nel luglio del 2019, ricostruisce la stampa inglese, il 64enne aveva preso a discutere animatamente, riguardo alle condizioni di lavoro, con il suo diretto superiore in officina, il supervisore Jamie King.

La discussione sarebbe presto sfociata in violenza verbale, con King che avrebbe preso spunto dalla calvizie dell'elettricista per rivolgergli il seguente insulto: "c***o calvo". Finn aveva di conseguenza minacciato i vertici dell'azienda di denunciarli e, per tutta risposta, gli sarebbe stata recapitata quasi subito una lettera di licenziamento.

Nel rivolgersi al locale tribunale del Lavoro, l'elettricista aveva presentato contro la sua vecchia azienda richieste di risarcimento per "licenziamento ingiusto, discriminazione basata sull'età e molestie sessuali". Alla fine del processo, il collegio giudiziario interpellato, formato da tre uomini e presieduto dal magistrato Jonathan Brain, ha riconosciuto l'illegittimità del trattamento riservato a Finn dall'azienda, stabilendo, allo stesso tempo, che l'offesa "c***o calvo" pronunciata dal supervisore King equivaleva in effetti a una vera e propria "molestia sessuale".

Il giudice Brain, riporta la stampa locale, ha infatti afffermato innanzitutto che l'uso della parola "calvo" può talvolta essere "intrinsecamente correlata al sesso" e costituire quindi una forma di aggressione psicologica. Di conseguenza, ad avviso del tribunale, l'epiteto "pelato" rivolto nel 2019 a Finn non sarebbe stato soltanto un insulto verbale, ma anche un'aggressione connotata sessualmente: "È difficile concludere diversamente. Quelle parole sono state pronunciate con lo scopo di violare la dignità del ricorrente e creare per lui un ambiente intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo".

La richiesta di risarcimento avanzata da Finn per discriminazione basata sull'età non è stata invece accolta dal tribunale.

L'indennizzo totale che la ditta dovrà versare all'elettricista "molestato" sarà determinato dalla Corte in un secondo momento.

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