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La sfida al Pd in nome di Craxi: "Zingaretti vada a Hammamet"

La sfida al Pd in nome di Craxi: "Zingaretti vada a Hammamet"

Siete socialisti? E allora venite anche voi a celebrare i vent'anni della morte di Bettino Craxi in Tunisia, dove lo sfortunato leader è sepolto in terra straniera. Più che un appello è una sfida quella lanciata al segretario Pd Nicola Zingaretti dagli esponenti del Partito socialista italiano Marco Di Lello, Claudio Bastianelli e Fabio Guerriero. La loro sfida, espressa in termini di invito ma anche di prova del fuoco, è diretto a tutti coloro che nell'attuale Partito democratico si dicono «socialisti»: o perché provengono dall'antico Psi, o perché è molto comodo in Europa dirsi socialisti e fare come il cuculo, uccello che nidifica nei nidi altrui e sbafa storia, cibo e domicilio.

Chi è giovane non sa, ma quando i comunisti per due anni eseguirono gli ordini di Stalin alleato di Hitler con cui cominciò insieme e dalla stessa parte la seconda guerra mondiale (Polonia spartita il 52 per cento ai comunisti russi e il 42 ai nazisti), tutti dovevamo applaudire le strabilianti vittorie tedesche e mentre i nazisti marciavano sotto l'arco di trionfo di Parigi tra due ali di folla piangente, i comunisti francesi attaccavano manifesti inneggianti ai «bravi camerati tedeschi che combattono insieme a noi il capitalismo e l'imperialismo». A quell'epoca e per molto tempo, i comunisti avevano un problema grave: i socialisti che partecipavano ai governi delle democrazie in guerra contro la Germania. Come risolvere questo problema? Ci pensò Stalin: chiamano i socialisti «socialfascisti», cioè coloro che «oggettivamente» (un avverbio geniale) fingendosi di sinistra collaboravano con i governi borghesi e capitalisti che resistevano alle fulgide armate nere e rosse, dalla parte degli imperialisti. Poi successe che, malgrado l'amore dichiarato da molti telegrammi e complimenti per ogni sua vittoria, l'irritabile Adolf si stancò del troppo esigente Stalin e lo attaccò alle spalle nel giugno del 1941 provocando un repentino cambiamento di alleanze. Da quel momento i socialisti democratici non erano più socialfascisti, ma i compagni socialisti con cui formare fronti popolari uniti.

E così fu anche in Italia dove il fronte Popolare socialcomunista perse le elezioni del 28 aprile del 1948. Il capo dei socialisti italiani Pietro Nenni, ex repubblicano e in gioventù amico del rivoluzionario Benito Mussolini reduce da un esilio a Ginevra in cui frequentava lo stesso bar e ristorante dell'esiliato Lenin, in un primo momento, a guerra finita, accettò a Mosca il premio di Stalin e poi lo restituì, aprendo un cammino che fu definito «autonomista» dal prepotente alleato comunista. Fu un cammino che portò poi i socialisti a staccarsi dai comunisti per formare in Italia il primo vero centro-sinistra con i socialisti al governo insieme ai democristiani. La bile e la furia degli uomini del Partito comunista contro i socialisti tornati di nuovo «socialfascisti» fu rabbiosa.

Il delfino di Pietro Nenni era un giovanotto milanese lungo e allampanato di nome Bettino Craxi che si era fatto le ossa come segretario della sezione socialista di Sesto San Giovanni, la «Stalingrado d'Italia» dove andava ogni giorno in tram. Quel giovanottone allampanato aveva un'idea fissa: scrostare il Partito socialista da tutta la simbologia di tipo sovietico (la falce e martello che avevano soppiantato il sole che sorge e il libro aperto dell'alfabetizzazione) che era stata imposta dall'ala più stalinista del partito. Poi accaddero molte cose che non si possono riassumere in un breve articolo, ma nel 1976 il Psi guidato dal professor Francesco De Martino molto legato al Partito comunista perse malamente le elezioni e con un colpo a sorpresa nella riunione avvenuta all'Hotel Midas di Roma, i cosiddetti «figli di De Martino» commisero il famoso parricidio e fu eletto Bettino Craxi, cosa che di per sé mandò in bestia i comunisti che avevano puntato sull'intellettuale Antonio Giolitti, figlio del vecchio statista Giovanni ed ex comunista uscito dopo la repressione sovietica in Ungheria.

Da quel momento cominciò una guerra permanente dei comunisti contro i socialisti, molti dei quali mollarono il loro partito per raggiungere attraverso scissioni quello di Berlinguer, nemico giurato di Craxi. I comunisti avevano fino a quel momento inquinato la legittimità dei finanziamenti al partito attingendo alle casse del Partito comunista sovietico, con la tacita anzi esplicita, anche se illegale, approvazione della democrazia cristiana e di tutti gli altri partiti che si sentirono giustificati a finanziarsi illegalmente per pareggiare le risorse nella competizione elettorale. Io per puro caso scoprii e denunciai il sistema, essendomi imbattuto nelle imprudenti confidenze del braccio destro di Andreotti e ministro della Marina mercantile Franco Evangelisti, passato alla storia con il nomignolo «A Fra' che te serve?». Ma questo accadeva nel 1980 quando ancora tutti i partiti avevano licenza di ruberia a causa dell'impunità concessa al partito comunista. Craxi diventò il pericolo numero uno, l'uomo da uccidere e da abbattere per le sue fermissime posizioni antisovietiche specialmente per la faccenda degli «euromissili», quando i sovietici schierarono i minacciosi SS20 a testata tripla con propositi aggressivi e i comunisti non volevano che gli americani schierassero i loro missili da crociera. Craxi, con Spadolini e Cossiga, vinse, ma su di lui si abbatté la maledizione giudiziaria e le condanne penali che lo costrinsero a rifugiarsi nell'amica Tunisia dove possedeva una vecchia casa colonica.

Craxi governò con dignità oggi sconosciuta, ma fu marchiato come criminale e tutti i socialisti tornarono ad essere per i comunisti creature ignobili destinate alla galera a meno che non si fossero ravvedute accostandosi a loro. Craxi morì venti anni fa e noi andammo al suo funerale a Tunisi. Adesso i socialisti che in parlamento sono alleati dei Dem, un tempo sdoganati un Europa proprio da Craxi che offrì loro nome e bandiera, chiedono ai compagni del Nazareno: Allora? Che fate? Venite a celebrare e ricordare riconoscendo in Craxi un grande leader della sinistra o volete seguitare a considerarlo un criminale?

Dopo due decenni il ravvedimento dovrebbe essere indolore, specie per tutti i piddini nati in casa socialista.

Ma la decisione deve ancora essere presa, a pochi giorni ormai dalla data del ricordo di uno dei più gradi patrioti della sinistra democratica italiana, che attende di conoscere le decisioni dei compagni.

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