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Siamo senza libertà e senza sicurezza

Forse non ce ne siamo resi conto ma nei tre mesi dell'emergenza nazionale per contrastare l'epidemia da Covid-19 è cambiato il contratto sociale tra Stato e cittadini

Siamo senza libertà e senza sicurezza

Forse non ce ne siamo resi conto ma nei tre mesi dell'emergenza nazionale per contrastare l'epidemia da Covid-19 è cambiato il contratto sociale tra Stato e cittadini. In origine il rapporto era di tipo classico: come lo Stato con un governo limitato garantiva pace sociale e ordine pubblico, così i cittadini rispettando le leggi vivevano in libertà con i frutti del proprio lavoro. Ora, invece, lo Stato con il governo dei «pieni poteri» ha sospeso le libertà di movimento, di lavoro, di culto per garantire una sicurezza sanitaria minacciata dall'epidemia presa sottogamba. Se prima la libertà era un fine e la sicurezza era un mezzo, ora il rapporto è invertito: la sicurezza è il fine e la libertà è un mezzo. Il contratto sociale è non solo mutato ma anche capovolto. Non è più quello che vi è alla base della democrazia liberale unica democrazia possibile ma è un patto nuovo che se durasse sarebbe alla base di un regime autoritario in cui il cittadino è nulla e lo Stato è tutto.

Il tempo, in questa storia distopica e dispotica, è l'elemento decisivo. Infatti, il governo adottando ai principi di marzo il lockdown ha cercato da un lato di recuperare il tempo perduto e dall'altro di guadagnare settimane preziose per alleggerire e risistemare il servizio sanitario e, così, restituire agli italiani sia la sicurezza sia la libertà. Tutta l'operazione si basava su questo calcolo: ci fermiamo e creiamo un vantaggio per metterci in sicurezza per poi ripartire. Il calcolo, naturalmente, aveva un tallone d'Achille che era messo in conto: il tempo. La messa in sicurezza doveva essere raggiunta in tempi brevi, altrimenti il vantaggio si sarebbe capovolto in svantaggio dal momento che una repubblica «fondata sul lavoro», come recita l'articolo 1 della Costituzione, non sopravvive senza lavoro e senza libertà. Alla fine della notte del lockdown, prorogata più volte, la sicurezza c'è?

La risposta è nota a tutti: l'Italia non è più sicura oggi rispetto a ieri. Gli italiani hanno fatto la loro parte: sono stati a casa, hanno chiuso le loro attività, hanno fatto sacrifici personali ed economici. Il governo, con le Regioni, non ha fatto la propria parte. La cosiddetta Fase 2 doveva essere costituita dalla «sorveglianza attiva» organizzata su base provinciale (tamponi, positivi, isolamento, tracciamento), dal ripristino della Costituzione, dalle norme di buon senso alle quali i cittadini, che hanno praticato la quarantena, si atterrebbero. Invece, il risultato è opposto: non abbiamo la relativa sicurezza del controllo epidemico, non abbiamo la Costituzione, al posto del buon senso impera la stupidità comandata. Si è messa tra parentesi la libertà per avere sicurezza e il risultato è che non si ha né l'una né l'altra.

Michele Silenzi della Liberilibri ieri da queste colonne ha annunciato che dal 4 maggio riprenderà la sua libera vita responsabile. È un esempio da seguire perché è ormai chiaro che l'idea di salvare la libertà rinunciandovi è illusoria.

La sicurezza è garantita dalla e nella libertà, giammai il contrario.

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