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La sinistra in crisi inventa per Hitler un nuovo lavoro

La Serracchiani assimila Pontida ai raduni nazisti. Ogni critica all'immigrazione è tacciata di xenofobia. Adolf Hitler non è mai stato così influente

La sinistra in crisi inventa per Hitler un nuovo lavoro

Debora Serracchiani, deputata del Partito democratico, ha commentato il raduno leghista di Pontida con parole che evocano i grandi raduni nazisti: «Pontida non è ancora Norimberga ma può diventarlo, se la Lega prosegue sul crinale del nazionalismo». Del resto, Matteo Salvini, secondo Furio Colombo, è «l'Eichmann italiano». Tornando un po' indietro, Silvio Berlusconi è stato paragonato ad Adolf Hitler da Umberto Eco: «Berlusconi come Mubarak e Gheddafi? No, intellettualmente parlando il paragone potrebbe essere fatto con Hitler: anche lui giunse al potere con libere elezioni». Il cuoco Gianfranco Vissani ha accusato Matteo Renzi di «essere peggio di Hitler» per avere raso al suolo la sinistra. Berlusconi, parlando a Porzus, ha riferito questo giudizio sui 5 stelle: «Mi hanno risposto (i cittadini, ndr) che si sentono come gli ebrei al primo apparire di Hitler». Anche il quotidiano Financial Times ha voluto dare il suo contributo. Ieri ammoniva l'Europa: per colpa di Salvini e degli altri populisti si rischia una bancarotta morale, istituzionale ed economica simile a quella della Repubblica di Weimar degli anni Trenta. Bancarotta che spianò la strada al nazismo. Tutti nazisti. Donald Trump? Nazista. Vladimir Putin? Nazista. E poi Saddam Hussein e Muammar Gheddafi sono stati piccoli Hitler, quindi inutile sollevare obiezioni, è stato giusto eliminarli. Il fenomeno è noto agli studiosi come reductio ad Hitlerum, riduzione a Hitler, espressione coniata dal grande filosofo (ebreo) Leo Strauss. Erano gli anni 1951-1953. Da allora la reductio ad Hitlerum ha continuato a prosperare come clava da utilizzare per zittire e delegittimare gli avversari politici senza entrare nel merito delle questioni. A cosa serve argomentare davanti al Male assoluto? Basta condannare i nazisti anche se sono del tutto immaginari. In Francia, i neo-reazionari sono stati accostati, direttamente o meno, alle Camicie brune. Le conseguenze non sfuggono al ridicolo: nel mirino sono finiti ebrei come il filosofo Alain Finkielkraut e la giornalista Élisabeth Lévy. E con loro Éric Zemmour, Richard Millet, Renaud Camus e tanti altri. Proprio Renaud Camus ha scritto La seconde carrière d'Adolf Hitler (La seconda carriera di Adolf Hitler) nel 2007. La tesi è scioccante. Il fantasma di Hitler influenza stabilmente la politica del Vecchio continente. L'Unione europea è stata concepita come antitesi dell'Europa che ha partorito la catastrofe della seconda guerra mondiale. Per emendare il suo tragico passato, l'Europa non solo ha ammesso le sue colpe ma si è spinta fino a rinunciare a essere se stessa: «Se l'Europa deve denazionalizzarsi e rinunciare di slancio a ogni predicato identitario, è perché possano svilupparsi liberamente le identità che la sua storia ha maltrattato». Un principio che va a nozze con la politica delle porte aperte: «Perché faccia finalmente giorno, bisogna quindi smettere di considerare l'immigrazione di popolamento come una minaccia, una sfida o un problema, per vedervi invece una possibilità di redenzione, e sopprimere tutte le leggi che la reprimono» (Alain Finkielkraut, L'identità infelice, Guanda). Per questo ogni critica al multiculturalismo o all'immigrazione senza regole è tacciata di xenofobia e razzismo. Per questo ogni rivendicazione identitaria è bollata come nazionalismo, visto come l'anticamera del nazionalsocialismo e della Shoah.

Insomma, Adolf Hitler non è mai stato così influente.

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