"Sono l'ultimo italiano rimasto nel quartiere degli spacciatori"

Marco Trevisan a Padova è costretto a convivere con gli spacciatori: "Lo chiamo patto di non belligeranza"

"Sono l'ultimo italiano rimasto nel quartiere degli spacciatori"

"Non vado via perché questa è casa mia. Abito in questra strada da quando sono nato. Abitiamo qui da quasi un secolo. Da ragazzino giocavo con i miei amici, ora è diventata zona franca". Marco Trevisan ha 44 anni con una moglie e due figli piccoli. "Probabilmente sono l'ultimo degli italiani che vive qui", racconta ad Agorà. Via Cairoli a Padova è famosa, purtroppo, per lo spaccio di droga. "Gli spacciatori - racconta - la tengono nascosta dentro le grondaie, la attaccano con le gomme tra le finestre e a volte anche infilata negli slip".

Non è facile per Trevisan contininuare a vivere nel quadrilatero dei tossico dipendenti. Gli spacciatori si nascondono dall'occhio delle telecamere grazie ad un camioncino piazzato appositamente in un parcheggio della strada. Le vie sono usate come bagni pubblici. "L'estate scorsa i ladri sono venuti a rubarmi in casa - racconta - Ho fatto denuncia ma le forze dell'ordine non sono venute. Mentre gli spacciatori che sono qui mi hanno dato una mano per ritrovare la refurtiva". Sembra un paradosso, ma nell'illegalità dilagante bisogna adattarsi. "Dopo decine di anni che lo Stato dimostra di non riuscire a fornire la protezione sia delle proprietà che delle persone - spiega - si è costretti a cercare degli equilibri diversi e venire a patti con le persone che sono presenti nel territorio, che spesso sono gli spacciatori. Lo chiamo patto di non belligeranza".

Trevisan mostra all'inviato di Agorà i video che ha realizzato dal suo balcone di casa: spacciatori che si tolgono la dose dagli slip, tossici che si iniettano la droga in mezzo alla strada. "La sera qui non si esce più. Sono stato minacciato più volte e mi è stato fatto capire che fosse meglio se mi fossi calmato. In molti se ne sono andati per cercare un luogo più tranquillo dove crescere la famiglia, anche i miei fratelli.

Ho dei figli: anche io dovrò chiedermi se posso continuare a mantenere qui la famiglia". Ma non vuole darla vinta all'illegalità. "Andare via significa lasciare spazio a maggiore degrado. Continuo a rimanere qui anche per rispetto degli altri", racconta scondolato Trevisan.

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