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Spazzacorrotti e la retroattività dell'inciviltà

Spazzacorrotti e la retroattività dell'inciviltà

La legge spazzacorrotti, fiore all'occhiello del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, leader del giustizialismo manettaro, era incostituzionale nella sua parte retroattiva ed era ovvio che la Corte costituzionale avrebbe sentenziato ciò. E questo non perché è una norma penale, ma perché la retroattività del diritto è aberrante. Luigi Einaudi, quando era nel sesto anno del suo settennato di presidente della Repubblica, nel 1954, riflettendo sulle leggi interpretative e sulla retroattività delle leggi, lo spiega con profondità e chiarezza in un manoscritto, sino ad ora inedito, ora pubblicato, assieme ad altri scritti quasi tutti inediti, di Einaudi, in un bel libro di 160 dense pagine, dal titolo Libertà civili ed economiche, a cura di Corrado Sforza Fogliani, con una postfazione di Roberto Einaudi, il settimo dei suoi undici nipoti. Il punto centrale per Einaudi è costituito dalla certezza del diritto: il fenomeno abnorme della retroattività sconvolge la certezza del diritto modificando rapporti posti in essere nella legittima presupposizione di determinati effetti, poi elisi da una norma sopravvenuta. Einaudi ci dice che il principio della irretroattività riguarda tutte le leggi e non solo quelle relative al diritto penale come diritto di punire. Egli si riferisce all'articolo 11 comma 1 delle Preleggi, secondo il quale «la legge non dispone che per l'avvenire: essa non ha effetto retroattivo». È vero, aggiunge Einaudi, che esso è derogabile, ma ciò - egli aggiunge - è ammissibile solo quando non si viola la regola della certezza sostanziale, perché la deroga concerne rapporti che non si sono ancora esauriti, come nel caso di contratti ancora in corso. O, aggiungo io, di imposte retroattive che riguardano una capacità contributiva ancora presente. E seguendo Einaudi bisogna aggiungere che tale tassazione non deve ledere il principio di eguaglianza di trattamento. Einaudi fa nel suo scritto un'altra riflessione importante: «È necessario ristabilire un maggior senso del limite del potere legislativo, ciò soltanto potendo contribuire all'equilibrio dinamico fra i poteri, che è la essenziale caratteristica del nostro ordinamento costituzionale». Ciò che Einaudi scrive ci fa riflettere sul fatto che anche gli altri due poteri debbono avere dei limiti: quello giudiziario che non dovrebbe esser «giustizialista» e quello amministrativo che non dovrebbe interferire di continuo, come accade nell'urbanistica, nell'edilizia, nelle opere pubbliche. Einaudi, alla fine del suo scritto, pone in risalto il senso del limite. Troppe eccezioni distruggono la regola. Se si viola la retroattività una volta, sostenendo che questa deroga è «giusta», forse lo si può tollerare. Ma se lo si fa troppe volte, come in Italia adesso, «ciò può indurre conseguenze economiche, patrimoniali, anche rilevanti».

Fu scritto nel 1954, ma appare scritto adesso.

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