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Taranto, i genitori tarantini protestano dinanzi al tribunale

Sono contrari alla decisione del gup di non spegnere l'altoforno 2: "Abbiamo la sensazione che la giustizia, anche questa volta, abbia trovato le porte chiuse all’ingresso del territorio tarantino"

Taranto, i genitori tarantini protestano dinanzi al tribunale

Non è andata giù all'associazione "Genitori tarantini" la decisione del tribunale del riesame di Taranto che, con un'ordinanza, ha accolto l'istanza di proroga richiesta dai commissari dell'Ilva in amministrazione straordinaria (Corrado Carruba, Piero Gnudi ed Enrico Laghi) per la facoltà d'uso dell'Afo2 dello stabilimento siderurgico.

La sentenza del gup "ci lascia assolutamente sconcertati perché privilegia in modo ingiusto ed illogico gli interessi economici di Ilva e dell’attuale gestore ArcelorMittal" dichiarano in una nota inviata agli organi di stampa i genitori tarantini. Il punto su cui i cittadini si battono è sempre lo stesso: salute e sicurezza.

Cartellone di protesta dei "Genitori tarantini"

L'associazione ricorda, tornando indietro nel tempo, la decisione della corte costituzionale nel 2013 che consentiva l’uso degli impianti nonostante il sequestro penale. "Ha equiparato il diritto alla salute a quello della tutela dell’occupazione, da salvaguardare entrambi, ma nel 2019 la corte europea per i diritti dell’uomo, ha condannato l’Italia, valutando anche le decisioni della Corte Costituzionale, per l’inerzia ed il ritardo nell’adeguare gli impianti alle normative vigenti." sottolineano i genitori. Gli stessi si chiedono come mai la decisione della corte europea non sia stata presa in considerazione dal tribunale del riesame lo scorso 7 gennaio.

"Abbiamo la sensazione che la giustizia, anche questa volta, abbia trovato le porte chiuse all’ingresso del territorio tarantino" continuano i cittadini che questa mattina, come si vede nelle foto, hanno protestato all'ingresso del tribunale del capoluogo pugliese.

Ricordiamo che l'altoforno 2 è il più grande d'Europa e dal quale dipende gran parte della produzione realizzata all'interno della fabbrica tarantina. Nel 2015, dopo l'incidente in cui perse la vita l'operaio Alessandro Morricella, finì nel mirino della magistratura del capoluogo pugliese. Tra le prescrizioni elencate dal tribunale del Riesame, viene concesso ai gestori dell’impianto un tempo di sei settimane per l’adozione dei dispositivi attivi che servono, in caso di pericolo, ad avvertire gli operai che lavorano nell'Afo2, consentendo loro di potersi allontanare dall’altoforno. "Questo, già di per sé, dovrebbe vietare agli operai di avvicinarsi, e quindi di lavorare, all’impianto dissequestrato fino al totale completamento della prescrizione." scrivono ancora nella nota i genitori, continuando "Ci attendiamo, quindi, che gli operai non vengano costretti ad operare nelle stesse condizioni che portarono alla morte di Alessandro".

Sono trascorsi oltre quattro anni dal tragico incidente in cui l'operaio 35enne morì dopo quattro giorni di agonia dopo essere stato investito da una fiammata mista a ghisa liquida ad elevata temperatura. Morricella riportò ustioni sul 90 per cento del corpo e per lui non ci fu nulla da fare. "Nessun giudice dovrebbe consentire di lavorare in tali condizioni" scrivono ancora nella nota i genitori tarantini, in quanto "le prescrizioni impartite per l’adeguamento di Afo2

608px;">(dopo l'incidente di Morricella) ancora non risultano adempiute. Era quindi obbligo dei giudici applicare anche questo principio e non concedere alcuna proroga."

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