Ho conosciuto a Bocca di Magra, nella sua casa, Vittorio Sereni. Era il 1970. Il tempo ci dà coscienza della vita passata e, ancor più, pensando che oggi quel poeta avrebbe 105 anni, coetaneo del mio grande professore di storia dell'arte Francesco Arcangeli. Ma Sereni non era professorale: era amabile, elegante; lavorava nell'editoria come direttore letterario della Mondadori. Era riservato, ma risoluto; e lo teneva per maestro di poesia, da lui protetto, Roberto Pazzi. Una sua formula, dopo quell'incontro, mi è rimasta, indimenticabile, quasi anticipatrice dell'allora baluginante «pensiero debole»: «Tentiamo di esistere». Ora l'editore Nino Aragno pubblica, di Sereni, Il dubbio delle forme, scritture per artisti, una serie di contributi di critica d'arte, presentati da un testo di Gianni Contessi dal titolo perfetto: «Lo sguardo reticente».
Bastano i saggi su Francese e Mattioli, su Paganin e Ossola, a farci sentire che Sereni ha un fondo di sensibilità e di malinconia che lo assimila a questi artisti lombardi e padani, per un comune tramando di stati d'animo, sentimenti, turbamenti, che sono ben descritti nella dedica a Francesco Arcangeli: «Da natura a emozione, da emozione a natura». La profondità di sentimenti che egli trova nei suoi artisti è lo specchio della sua anima.
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