Cronache

Trattativa Stato-mafia: il pm chiede 11 rinvii a giudizio

Oltre ad alcuni boss, tra cui Riina, Brusca, Bagarella e Cinà, chiesto il processo per Nicola Mancino, Calogero Mannino, Marcello Dell'Utri e tre ex ufficiali del Ros

Trattativa Stato-mafia: il pm chiede 11 rinvii a giudizio

La procura di Palermo indirettamente risponde alle conclusioni "benevole" della Commissione antimafia, che ieri aveva detto che nei primi anni Novanta Stato e mafia trattarono, ma senza un preciso mandato dei politici, scagionando, di fatto, Scalfaro, Ciampi e Amato. A conclusione della requisitoria cominciata ieri nell’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo, il pm Nino Di Matteo ha chiesto il rinvio a giudizio di tutti e undici gli imputati. Per i pm di Palermo, dunque, non è affatto vera che si trattò di un'iniziativa autonoma e isolata di "pezzi dello Stato", come riferito dal presidente della Commissione Beppe Pisanu nella relazione conclusiva sui fatti del '92-'93.

I reati contestati per i presunti accordi fra Stato e mafia, risalenti al periodo delle stragi del ’92-’93, sono quelli di attentato, con violenza o minaccia, a corpo politico, amministrativo o giudiziario dello Stato, tutto aggravato dall’agevolazione di Cosa nostra. Ecco chi sono i rinviati a giudizio: i boss Luca Bagarella, Totò Riina, Giovanni Brusca e Nino Cinà; gli ex ufficiali del Ros Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe De Donno; il senatore Marcello Dell’Utri e l’ex ministro Calogero Mannino. Per Massimo Ciancimino l’accusa è di concorso in associazione mafiosa, mentre per l’ex ministro Nicola Mancino di falsa testimonianza. Nel procedimento era imputato anche il boss Bernardo Provenzano, ma la sua posizione è stata stralciata due giorni fa dal gup Piergiorgio Morosini, e su di lui il giudice deciderà il prossimo 23 gennaio. Il senatore Mannino ha chiesto al gup la possibilità di essere giudicato seguendo il rito abbreviato.

Secondo l'accusa il patto sarebbe stato suggellato da ex ministri, per mezzo di mafiosi e il tramite di Dell’Utri, per evitare nuovi attentati: in cambio sarebbe stato offerto un ammorbidimento del 41 bis, il regime di carcere duro previsto per i detenuti legati a Cosa nostra.

"Siamo stati spiati e pedinati da un’agenzia. È una sensazione condivisa anche con altri colleghi a me vicini. C’è chi sta indagando.

Qualcosa di torbido si è mosso contro di noi", ha dichiarato Antonio Ingroia.

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