Cronache

Condannato a 21 anni Don Paolo Piccoli: Ha strangolato e soffocato monsignor Rocco

Era il 2014 quando il prete era stato ritrovato cadavere nella sua camera da letto. La sentenza è giunta dopo più di due ore di camera di consiglio

Condannato a 21 anni Don Paolo Piccoli: Ha strangolato e soffocato monsignor Rocco

Era la mattina del 25 aprile 2014 quando a Trieste, nella sua camera da letto della Casa del Clero di via Besenghi, era stato rinvenuto cadavere monsignor Giuseppe Rocco, parroco ultranovantenne della chiesa di Santa Teresa. Dopo oltre cinque anni, la Corte d’Assise, presieduta dal giudice Filippo Gulotta, ha stabilito che a strangolare e soffocare l’anziano prete era stato Don Paolo Piccoli, 52enne, al momento sacerdote a riposo della Curia dell’Aquila. La sentenza è giunta dopo più di due ore di camera di consiglio.

Condannato a 21 anni e sei mesi

L’accusa aveva chiesto 22 anni di carcere per Don Piccoli, non presente in aula al momento della lettura della sentenza, che è stato invece condannato a 21 anni e sei mesi. Il suo legale difensore, subito dopo la sentenza, ha detto:”Non ce lo aspettavamo”. L'avvocato era infatti convinto che il suo assistito sarebbe stato assolto, a fronte delle prove raccolte a suo discarico. Di tutt’altro avviso la perizia autoptica eseguita sul cadavere che ha stabilito la frattura dell’osso joide, che ha provocato il decesso della vittima. Questo particolare riporta a una morte violenta, provocata da qualcuno che aveva stretto con forza il collo dell’anziano monsignore tra le proprie mani, fino a provocare la rottura dell’osso in questione. Il risultato della perizia aveva quindi portato all’avvio delle indagini in questa direzione, in principio contro ignoti. Si era anche parlato di morte naturale.

I risultati dell'autopsia hanno cambiato tutto

Quella mattina, a Trieste, il parroco era stato rinvenuto cadavere nella sua camera da letto, per terra, vicino al talamo, completamente vestito. Nessuno aveva pensato ad allertare le forze dell’ordine, il presule aveva infatti 92 anni e una morte improvvisa, causata forse da un infarto, sarebbe stata più che plausibile. Era stato Don Piccoli ad arrivare nella stanza per dare l’estrema unzione alla vittima, prima che il corpo venisse rimosso. Fu però l’autopsia eseguita in seguito sul cadavere a cambiare le carte in gioco. L’esame aveva infatti rilevato delle lesioni anomale, non compatibili con una morte naturale. I rilevamenti dei Ris di Parma nella camera da letto avevano scoperto tracce di sangue compatibili con il sacerdote 52enne, finito per questo tra gli indagati. Secondo quanto emerso dalle indagini il movente di un tale omicidio sarebbe da attribuire alla scoperta da parte della vittima di alcuni furti di oggetti sacri, come un crocifisso e una catenina d’oro. Oltre al veliero e alla Madonna nera, scomparsi dalla stanza di don Rocco e riapparsi post mortem.

La perpetua accusata dalla difesa

La difesa aveva cercato di accendere i riflettori su Eleonora Dibitonto, perpetua nonché amica della vittima. Secondo i legali del 52enne veronese, sarebbe stata proprio lei a uccidere monsignor Rocco, perché mossa da un chiaro interesse nell’eredità. L’accusata aveva però spiegato come la gran parte dell’eredità che le spettava, 185mila euro, tra titoli e una polizza vita che la vedeva come beneficiaria, era stata in larga parte divisa con i tre nipoti del monsignore. Altre parti erano state donate ai seminaristi e usate per realizzare due stanze in memoria del prete.

La perpetua aveva inoltre dichiarato di essere stata minacciata di morte al telefono, proprio il giorno in cui erano stati sospesi i funerali di Don Rocco ed erano state avviate le indagini.

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