La triste fine del sinistro "fazismo" televisivo

Il crollo della trasmissione di Fabio Fazio, spinta a livelli di altissima spesa inutile, è un dato di fatto

La triste fine del sinistro "fazismo" televisivo

Il crollo della trasmissione di Fabio Fazio, spinta a livelli di altissima spesa inutile, è un dato di fatto. La colpa non è soltanto di Fazio ma di chi non si è accorto in tempo che la bolla ideologica su cui poggiava l'impianto si era sgonfiata. L'ideologia è nota: quella di una sinistra intollerante ma fintamente giocherellona che esige un pubblico scemo ma furbo che applauda sempre senza sapere perché. Il tentativo di upgrade del «fazismo» si è spompato negli ascolti.

Salvo il geniale Nino Frassica che trae le sue origini surreali e libertarie dall'anti-televisione di Renzo Arbore, il resto è noia piatta in un salotto in cui entrano soltanto quelli della cerchia di chi condivide in partenza pregiudizi scaduti. C'è di buono che il fallimento del «Fazio punto due» fornisce la prova della fine di un'epoca di lussuosa sciatteria secondo cui chi non ne fa parte, o è imbecille o poco di buono. Fazio, che ci ha gradevolmente sorpreso come pianista e musicologo, non ha capito che la sua Italietta passiva e plaudente è stata rimpiazzata da un Paese e da un pubblico che parlano un'altra lingua.

Lustrini costosi e pistolotti politicamente correttissimi dei quali è custode intransigente Massimo Gramellini non bastano più per tenere

insieme la maionese. Il «fazismo», che pure ha avuto il suo momento, da avanguardia è diventato retroguardia. Non si è accorto che Paese e pubblico cambiavano, annoiandosi con il tempo che fa e che però è sempre lo stesso.

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