RomaSenatore Maurizio Gasparri, ha letto della vicenda di Massimo Remorini, condannato per complessivi 44 anni e al momento libero senza alcuna restrizione?
«Sì, ho letto la storia che ieri il Giornale ha raccontato. I contorni sono effettivamente paradossali e per certi versi sconcertanti».
Per quale motivo?
«Non conosco i dettagli della vicenda e sicuramente sarà tutto formalmente impeccabile visto che si tratta di una somma di sentenze di primo grado, non c'è sentenza definitiva e in Italia si è innocenti fino al terzo grado di giudizio. Ma da cittadino colpisce che si possa stare fuori dopo più condanne e per reati gravissimi».
Omicidio, sequestro di persona, circonvenzione di incapace. Poi rapina aggravata e lesioni, in tempi diversi.
«È questo che lascia più perplessi. Di fronte a reati di questo tipo si fa fatica a non individuare e non percepire la pericolosità sociale in chi li commette».
Esiste il pericolo che casi come questo possano minare la fiducia nella giustizia italiana?
«Quando ci si trova di fronte a fattispecie così efferate sapere che chi le ha commesse, almeno stando a un primo grado di giudizio, è in libertà non lascia certo sereni i cittadini del condannato che giustamente possono chiedersi se non esista il rischio che quei reati possano ripetersi. Lo stesso, in maniera ancora più eclatante, avviene per i familiari delle vittime. Speriamo almeno che si proceda speditamente e si arrivi alla conclusione dell'iter, qualunque sia il verdetto finale, in modo da chiudere al più presto una vicenda che ha profondamente colpito l'opinione pubblica».
È uno di quei casi estremi in cui è ragionevole mettere in discussione il sistema delle garanzie dell'imputato?
«Forse non è neppure un problema di garantismo, ma di tutela della comunità. Il punto debole di questa, come di molte altre vicende simili, probabilmente va individuato nella lentezza della giustizia. La percezione esterna è quella di un sistema che non funziona e non è in grado di concludere il suo iter in tempi rapidi. Tutto questo provoca disorientamento tra le persone comuni e oneste. Certo la magistratura non deve andare incontro alle esigenze popolari, ma qui non si tratta di essere manettari o forcaioli. Semplicemente ci sono casi che forse dovrebbero imporre un supplemento di analisi e riflessione».
Il paradosso appare più evidente notando che per reati molto meno gravi spesso si applicano lunghissime carcerazioni preventive.
«Certo, e quello è un ingranaggio in cui vengono rosolati tanti innocenti, persone comuni non abituate al carcere che finiscono impantanate nella lentezza del nostro sistema giudiziario e nell'impropria applicazione di un istituto di cui - in casi estremamente diversi da quello di cui stiamo parlando - si abusa senza farsi troppi scrupoli».
C'è una discrezionalità troppo ampia in materia di custodia in carcere?
«Da cittadino mi chiedo se per determinati reati di particolare efferatezza non sia il caso di stabilire
regole diverse, a tutela del cittadino che spesso resta sconcertato di fronte a questi provvedimenti, o alla loro assenza. Lo Stato deve garantire sicurezza per i cittadini, giustizia e certezza della pena verso chi sbaglia».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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