La crisi economica che dal 2008 ha investito e travolto il mondo la si può misurare in termini di Pil, di domanda e occupazione, di beni e servizi persi. E anche per il numero di morti per cancro. Messa così la crisi è "costata" oltre 260mila decessi in più per tumore nei paesi OCSE, e circa 160 mila nell'Unione europea tra il 2008 e 2010.
Lo dice uno studio, pubblicato su The Lancet, che, utilizzando i dati della Banca mondiale e dell’Organizzazione mondiale della sanità relativi a più di 70 paesi su un arco temporale di 21 anni, dal 1990 al 2010, ha analizzato l’impatto della disoccupazione e della riduzione della spesa pubblica destinata alla sanità sulla mortalità per le patologie oncologiche, e rilevato l’effetto protettivo delle coperture sanitarie universalistiche.
Lo studio. Gli autori dell'indagine – ovvero americani di Harvard, inglesi dell'Imperial College e del King’s College di Londra e di Oxford - hanno confrontato i tassi di mortalità per tumore attesi sulla base del trend precedente al 2008, con quelli effettivamente osservati dal 2008 al 2010. I tumori presi in considerazione sono stati colon-retto e polmone, prostata negli uomini e seno nelle donne, classificati come curabili se associati a tassi di sopravvivenza uguali o superiori al 50%, e come non trattabili se la sopravvivenza era inferiore al 10%.
I sistemi sanitari universalistici. Le conclusioni in sintesi? Per l'intero ventennio in analisi è stata registrata una relazione diretta tra variazioni nei tassi di disoccupazione e aumento di mortalità per tutti i tipi di tumore: polmone colon-retto seno e prostata: al crescere della prima cresceva la seconda.
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