Coronavirus

Quello che sappiamo (e che ancora non sappiamo) sul coronavirus

A due mesi dall'inizio dell'emergenza i medici hanno iniziato a prendere confidenza con il nuovo coronavirus. Ma le zone d'ombra sono ancora tante

Quello che sappiamo (e che ancora non sappiamo) sul coronavirus

Quando un paio di mesi fa il Covid-19 iniziava a manifestarsi anche in Europa, la maggior parte dei governi ripeteva che tutto era sotto controllo. Molti esperti sostenevano che non aveva alcun senso preoccuparsi, perché il nuovo coronavirus non sarebbe stato nient'altro che una banale influenza.

Eppure le immagini provenienti da Wuhan, epicentro mondiale del contagio, raccontavano una specie di apocalisse: strade deserte, persone chiuse in casa per settimane, ospedali traboccanti di pazienti e tanti morti, probabilmente più dei dati ufficiali riportati nei bollettini quotidiani dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms).

Ben presto anche l'Italia si è risvegliata in quell'incubo lontano migliaia di chilometri. Oggi, a due mesi dall'inizio dell'emergenza, i medici hanno iniziato a prendere confidenza con il virus. I ricercatori hanno messo in fila alcune certezze, anche se le zone d'ombra sono ancora tantissime. Ad esempio non sappiamo se i pazienti guariti potranno nuovamente reinfettarsi, né quanto tempo è necessario per far sì che gli stessi negativizzati non siano più contagiosi.

Abbiamo tuttavia imparato subito che per limitare i contagi è fondamentale non toccarsi naso, occhi e bocca, lavarsi spesso le mani e tenersi a distanza di sicurezza dalle altre persone. Non solo quelle che presentano sintomi, quali tosse o febbre, ma anche da chi apparentemente sembra sano. Già, perché a complicare il quadro ci sono anche gli asintomatici, ovvero persone infette che non presentano sintomi ma che possono contagiare gli altri.

Familiarizzare con il nuovo coronavirus

Nel frattempo i medici hanno familiarizzato con le dinamiche del virus. Il suo meccanismo d'azione varia da caso a caso. Alcuni pazienti mostrano sintomi lievi. Anzi: molti non sanno neppure di essere contagiati, ed è proprio per questo motivo che gli esperti ritengono che i casi reali siano di molto superiori a quelli elencati ogni giorno dalla Protezione civile. Altri pazienti, purtroppo, devono invece fare i conti con reazioni più complesse.

Come sottolinea al quotidiano La Stampa il direttore dell'Unità Operativa Complessa Malattie Infettive Epatologia dello Spallanzani di Roma, Gianpiero D'Offizi, gli organismi di alcuni pazienti reagiscono al virus attivando una risposta immunitaria incontrollata. La stessa che causa danni non solo all'apparato polmonare, ma anche a reni, fegato e cuore (infarti). Talvolta le infezioni possono causare anche danni alle strutture del sistema nervoso centrale (encefaliti ed encefalopatie) e provocare sintomi quali cefalea e parestesie.

Lesioni multiorgano e cure

Possiamo dunque affermare che il nuovo coronavirus produce lesioni multiorgano. Certo, bisogna anche ricordare che un numero considerevole di pazienti contagiati sono in grado di eliminare l'infezione senza sviluppare sintomi.

Capitolo cure. L'uso di anticoagulanti, come l'eparina, potrebbe indebolire il nuovo coronavirus, ma per avere certezze sono necessari ulteriori studi. Incognite sull'uso degli antiinfiammatori. ''Un recente studio cinese – ha spiegato D'Offizi - ha posto particolare rilevanza all'effetto benefico dello steroide, che avrebbe ridotto nettamente la mortalità da Covid-19.

Tuttavia, questi benefici possono essere compensati da effetti avversi, ovvero da una persistenza dell’infezione''.

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