Vaffa da Camera

Vaffa da Camera

Difficile, in un Parlamento umiliato a votificio forzato e senza dialettica, riconoscere, al di là del merito degli interventi, deputati intelligenti da deputati fessi. Ho quindi fatto un test nel momento in cui il Parlamento si scaldava sull'appassionante tema delle parolacce: dai banchi della Lega era partita un'esortazione a una parlamentare del Pd che si era espressa polemicamente sui rimborsi elettorali. Scontro politico infiammato con la rara passione di una volta, ma equivocata da uno stucchevole formalismo ipocrita. Apre i giochi Renata Polverini, che ha sentito quello che nessun altro sembrava aver sentito. E basta perché uno spaesato Francesco Paolo Sisto, spalleggiato da una languida e comica Boldrini, nostalgica di una autorevolezza mai avuta, si sporgano in patetiche filippiche contro il turpiloquio, in difesa della dignità dell'Aula. Cosa aveva scandalizzato le due anime belle? Il consunto e ormai affettuoso «vaffa...» di cui è alimentato il lessico della letteratura del Novecento, a partire da Pasolini. Dovevate sentirli i due angeli custodi del Parlamento! Ma non si poteva ascoltare il presidente Fico dare loro ragione, nell'indifferenza di tutti, rassicurandoli che avrebbe sanzionato ogni esuberanza verbale.

Ho dovuto manifestargli la mia preoccupazione per un cortocircuito genetico: l'inno del suo partito, il grido di guerra del suo leader, il loro slogan politico, non era forse il «vaffa...»? Capisco Sisto e la Boldrini; ma tu, Fico, non ti stai femminizzando?

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