«Non saremo più liberi, ma saremo più soli». Pietro Zocconali, presidente dell'Associazione nazionale sociologi, ha un'idea fosca del futuro che si prepara per la società italiana. Non dà ovviamente la colpa alla legge sulle unioni civili, ma il suo pensiero si inserisce in una corrente di sociologi che denunciano il moltiplicarsi dei modelli di famiglia come una chimera libertaria, un mito senza fondamento scientifico, «un'illusione collettiva alimentata dall'ideologia e dai media che inseguono un mito di società felice che è in realtà un grande inganno», come ha scritto un altro sociologo, Pierpaolo Donati. Un mito a cui si contrappone una visione che vorrebbe invece addirittura restringere il campo: «Famiglia è solo quella con i figli».
Ma Zocconali: i matrimoni, dice l'Istat, sono in continuo calo, ormai meno di 200mila «sì» l'anno. La legge sulle unioni civili non fotografa la realtà?
«Non lo nego affatto: i matrimoni sono in continuo calo. Si vedono giovani che si sposano presto e dopo poco tempo sono già separati, per i coetanei diventa un monito. E poi ci sono persone che si sono sposate una prima volta, hanno divorziato e ora non tornano all'altare perché lo vedono come la ripetizione di un errore».
Sta dando la colpa alla legge sul divorzio?
«No, certo ho anche votato a favore. La causa è un'evoluzione della nostra società che ha radici ormai lontane. Da una parte c'è la svolta del '68. Fino ad allora il matrimonio era un momento di maturazione, il riconoscimento che si iniziava un percorso consolidato che conduce verso la vecchiaia. Oggi invece si resta giovani all'infinito. Un tempo i ragazzi a 21 anni si mettevano la cravatta e diventavano uomini, le donne se non erano sposate a 25 anni erano zitelle, oggi a 50 anni escono a fare serate con le amiche, come le adolescenti. Questo mutamento è una conseguenza del nostro stile di vita. Ma anche della crisi economica».
Senza lavoro non ci si sposa?
«Una tradizione italiana forte come la cerimonia e i festeggiamenti nuziali, paradossalmente sono diventati un freno, perché rappresentano un costo che spaventa. Ma soprattutto l'incertezza economica spinge a fare meno figli».
Ma crede che il riconoscimento delle unioni civili accentuerà questa tendenza?
«Sicuramente c'era una spinta anche europea a risolvere il problema di tante coppie in cerca di diritti, a consentire l'assistenza al convivente in ospedale e la trasmissione dei beni alla morte. Però è anche vero che si sono usati questi problemi particolari come leva per scardinare il concetto di famiglia tradizionale e aprire alle coppie di fatto, anche omosessuali. Nessuno vuole impedire a persone dello stesso sesso di amarsi, ma la famiglia è un'altra cosa. È un'istituzione storicamente legata alla procreazione. L'adozione omosessuale può essere un'ipotesi residuale, ma non è la stessa cosa di una famiglia».
Ritiene che aperta questa porta potranno esserci altre rivendicazioni, come la legittimazione della poligamia, il poliamore?
«È possibile e certamente la poligamia è un fenomeno che esiste anche in Italia.
Ma francamente vedo un rischio opposto: l'accentuarsi della tendenza alla riduzione del nucleo familiare. Siamo già calati a una media di poco superiore a due. Si va nella direzione opposta alla poligamia, si punta verso un solo membro: chiamare un single famiglia. Un disastro sociale, una società di solitudine».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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