"Vi spiego perché la terza dose è tutto fuorché un business"

La divulgatrice scientifica Roberta Villa smonta la narrativa della "terza dose" come "business" delle case farmaceutiche

"Vi spiego perché la terza dose è tutto fuorché un business"

Roberta Villa, giornalista, laureata in Medicina e chirurgia e divulgatrice scientifica nota al grande pubblico, pensa che la terza dose abbia poco a che fare con il business. Anzi, esistono anche argomenti che provano come alcune aziende stiano abbandondando dei progetti, senza che la casistica glielo suggerisca. La comunicazione corretta resta una chiave centrale per uscire una volta per tutte dalla pandemia. E qualche problema, in termini di circolazione d'informazioni, esiste eccome.

Sigfrido Ranucci, durante l'ultima puntata di Report, ha parlato di terza dose alla stregua del "business delle case farmaceutiche". Normale che in Rai si usino queste argomentazioni?

"Non credo sia questione di RAI o altri canali, anche se il fatto di lavorare nell'ambito del servizio pubblico dovrebbe rendere ancora più attento e rigoroso il lavoro dei giornalisti. Per tutti però credo sia necessario tornare ai fatti, cercando di evitare di manipolarli per ottenere un facile consenso. Siamo in una situazione ancora delicata, che richiede la massima attenzione. È ovvio che Pfizer, e in misura molto minore le altre, traggono profitto dall'aver trovato un mezzo che ci aiuta a ridurre in maniera significativa i danni di questa pandemia. Si può trattare per negoziare i costi. Ma il declino della protezione anticorpale è ormai un fatto acclarato, i richiami la fanno risalire e quel che conta è passare attraverso la quarta ondata col minor numero possibile di vittime, di contagiati e di sovraccarico per il servizio sanitario".

E la terza dose non è un business...

"La terza dose è così poco un business che Sanofi, impegnata in un progetto finalizzato a realizzare un suo vaccino anti covid a mRNA, poche settimane fa ha annunciato di non avere intenzione di proseguirne la sperimentazione. Eppure i risultati preliminari dello studio di fase I/II presentati dall’azienda francese erano tutt’altro che deludenti: nessun segnale di preoccupazione riguardo alla sicurezza e una sieroconversione con un aumento degli anticorpi contro SARS-CoV-2 di 4 volte nella quasi totalità dei partecipanti".

Insomma, "segui i soldi" funziona pure in questo caso, ma suggerisce una narrativa diversa..

"Perché allora, dopo pochi giorni, l’abbandono del progetto? Secondo Thomas Triomphe, a capo della divisione vaccini di Sanofi Pasteur, scopo dello studio era soprattutto verificare l’efficacia della piattaforma per la produzione di vaccini a mRNA acquistata da Translate Bio. L’idea però è di utilizzarla per altri scopi, dai tumori all’influenza, che con la sua somministrazione stagionale rappresenta un mercato stabile e sicuro, dove l’azienda è già ben posizionata. Creare nuovi vaccini nei confronti di Covid, invece, per Triomphe, potrebbe essere inutile, dal momento che il mercato è ormai coperto da Pfizer e Moderna e, a suo parere, dopo una terza dose, l’immunità dovrebbe essere sufficiente da non dover ricorrere ad altri richiami. Follow the money, se big pharma non ci investe più, significa che non è un mercato così fiorente".

Tuttavia c'è una minoranza rumorosa che non si riesce a convincere della bontà dei vaccini...

"Bisogna prima di tutto rendersi conto dell'infodemia di cui i cittadini sono principalmente vittima. Nessuno ha spiegato fin dall'inizio la complessità e l'incertezza di questa situazione, di come la scienza avrebbe cercato di guidarci passo a passo attraverso questa crisi raccogliendo progressivamente dati da presentare alla politica. E la politica si è troppo spesso nascosta dietro la scienza, mentre ci sono scelte diverse che si possono prendere sulla base degli stessi dati e che non sono giuste o sbagliate in termini scientifici assoluti, ma che sono mosse da diverse strategie, sulla base di diversi valori e obiettivi. Per esempio, nel Regno Unito si è accettato un maggior numero di vittime quotidiane pur di rimuovere qualunque restrizione. Da noi si è seguita una linea più prudente. Ma ogni governo del mondo ha preso le sue decisioni e seguito una sua linea".

Dove nasce il problema?

"La confusione di parte del pubblico è comprensibile. sono stati travolti, soprattutto da parte della tv, da discussioni scientifiche complesse ridotte a slogan, spesso intrise di motivazioni politiche. Medici e scienziati poi hanno fatto la loro parte, mescolando fatti e opinioni. Bisogna riconoscere tutto questo, e provare a restituire al pubblico gli strumenti per decidere per il meglio, che è vaccinarsi al più presto".

Poi c'è l'ultima bolla: il cosiddetto "Pfizergate"...

"Prima di tutto è scorretto l'hashtag, un nome perfetto per i titoli, ma che fa pensare a scandali, corruzione, intrighi politici, mazzette e chissà che altro. E già indica un colpevole, Pfizer. A leggere la storia raccontata dal BMJ, però, si capisce tutt’altro. La vicenda nasce dalle dichiarazioni di una ex dipendente di Ventavia Research Group, una tra le diverse organizzazioni incaricata da Pfizer di portare avanti il trial di autorizzazione del vaccino. La manager sarebbe stata licenziata dopo aver cercato in tutti i modi di segnalare una serie di irregolarità: partecipanti collocati in un corridoio dopo l'iniezione e non monitorati dal personale clinico, mancanza di follow-up tempestivo dei pazienti che hanno manifestato eventi avversi, mancata segnalazione delle deviazioni dal protocollo, errori nella temperatura di conservazione dei vaccini, campioni di laboratorio etichettati erroneamente e presa di mira di chi, all’interno dell’azienda, segnalasse questi problemi".

Che comunque inficiano al livello comunicativo...

"Sono problemi: sia chiaro. É giusto che siano segnalati e indagati. Difficile però pensare che possano in qualche modo inficiare i dati sulla sicurezza e l’efficacia del vaccino Comirnaty. L’accusa riguarda infatti solo tre dei 153 siti coinvolti in tutto il mondo, per circa un migliaio di volontari sugli oltre 40.000 dello studio. Un anno di dati raccolti sul campo rendono ancora meno rilevanti, ai fini della valutazione del vaccino, queste dichiarazioni. Ormai abbiamo moli di dati per dire che questo è sicuro ed efficace.

L’interesse della questione sta invece nell’essere spia di procedure non ottimali, da indagare e correggere. Ma è anche chiaro, a questo punto, che la multinazionale del farmaco è parte lesa, avendo pagato per un lavoro fatto male, certo non colpevole".

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