Coronavirus

"Caldo? Cosa può succedere adesso". Le previsioni (al buio) dei virologi

Sembra di essere in ambiente sportivo, calcistico, dove difficilmente c'è uniformità di giudizio. Accade anche ai virologi, che la pensano in maniera (quasi) diametralmente opposta: tra visioni ottimistiche e preoccupanti, ecco tutti gli scenari di cui abbiamo sentito parlare fino ad oggi

"Caldo? Cosa può succedere adesso". Le previsioni (al buio) dei virologi

La confusione regna sovrana: ogni virologo dice la sua, non esiste uniformità. C'è chi pensa che il virus possa far ancora molti danni e chi lo dà per spacciato, chi pensa che l'epidemia stia già passando e chi no. La visione degli scenari è diversa a seconda della persona con cui si parla, e la "carrellata" di cui andremo a parlare lo dimostra.

"Il virus ha perso forza"

"Sicuramente ha perso velocità di trasmissione" afferma Matteo Bassetti, direttore della clinica di malattie infettive presso l' ospedale San Martino di Genova che definisce il virus "un'ondina" rispetto allo "tsunami" di marzo. È talmente positivo che le sue previsioni sono più che ottimistiche. "È evidente che siamo in una fase di discesa della curva. Tra metà maggio e inizio giugno dovremmo poter considerare concluso questo focolaio epidemico", afferma il virologo a Liberoquotidiano.

Quindi, nonostante la Fase 2 e la prudenza che bisogna avere soprattutto in questi primissimi giorni di riapertura, siamo praticamente "fuori pericolo" o quasi. Secondo il comitato tecnico-scientifico, riaprendo tutto e subito, a giugno si rischierebbero ben 151mila ricoveri in terapia intensiva, ma Bassetti non ne vuole sapere. "Mi pare evidente che quei numeri siano troppo grossi, sovrastimati. Sarebbero stati esagerati anche nel periodo iniziale, quello dello tsunami. Ma i modelli matematici sono così. A volte non ci azzeccano".

"Il virus non è mutato"

A differenza del collega e nemmeno 24 ore fa, il direttore sanitario dell'Irccs di Milano Fabrizio Pregliasco ha parlato dello scenario attuale intervistato da Rai Radio Due, sottolineando come "l'atteggiamento giusto da tenere" sia usare i piedi di piombo e non dare il virus per sconfitto, affermando che "aumentando i contatti aumenteranno le possibilità di contagio" e che, rispetto ad altri colleghi, crede che "il virus non è cambiato, anzi, avendo avuto un maggior spettro di casi stiamo scoprendo cose nuove: i danni a livello cardiaco, il portatore convalescente (che è un aspetto legato alle possibilità di contagio) ovvero all’inizio avevamo dato 14 giorni di tempo di convalescenza ai soggetti che manifestavano i sintomi, oggi stiamo scoprendo (effettuando tamponi) che i pazienti possono essere ancora positivi dopo 30-40 giorni dalla fine dei sintomi, una situazione impegnativa dal punto di vista del controllo di sanità pubblica".

"Non siamo assolutamente fuori dall'epidemia"

Fresco di dichiarazioni alla stampa, il direttore del dipartimento Malattie infettive dell'istituto superiore di Sanità Gianni Rezza, in un'intervista al Corriere della Sera ha detto senza mezzi termini che "non siamo assolutamente fuori dall'epidemia. Ci siamo ancora dentro. Non vorrei che venisse a mancare la percezione del rischio e che riprenda il naturale corso delle aggregazioni. Dopo la Cina, l'Italia ha attuato il lockdown più intransigente del mondo occidentale, non paragonabile a quelli più soft di Francia e Spagna. Ci troviamo a sperimentare una nuova situazione. Avremmo preferito muoverci sulla base di altre esperienze", afferma il noto virologo, che immagina con preoccupazione cosa dovesse avvenire se in Italia si sarà costretti a richiudere tutto."Tornare a un secondo lockdown nazionale sarebbe disastroso da tutti i punti di vista". La sua conclusione è chiara. "Non posso essere ottimista fino a quando il virus è in giro e non c'è un vaccino".

"Continua la grande ritirata del virus dall'Italia"

Più sereno e meno preoccupato è il virologo Guido Silvestri che, a differenza di Rezza, propone un altro scenario continuando nel suo smisurato ottimismo. "Continua la ritirata di Sars-Cov-2 dall'Italia. Anche oggi è calato, per il ventiduesimo giorno consecutivo, il numero totale dei ricoveri in terapia intensiva per Covid-19 in Italia (da 1501 a 1479 unità), così come il numero dei ricoveri ospedalieri (da 17.242 a 16.823, quindi di ben 419 unità)". Per Silvestri anche il fattore caldo sarà un nemico del virus perché il calore rende "instabili le goccioline di fomiti (saliva, starnuti, tosse etc) che trasportano il virus nell'ambiente", afferma, ed è uno dei motivi ipotizzati dal virologo che faranno perdere la potenza necessaria, al virus, per replicarsi come nelle scorse settimane. "Torneremo tutti alla normalità, ne sono convinto - conclude il virologo - Ma dobbiamo gestirla bene questa transizione, non alla carlona, perché il rischio di andare a sbattere contro un altro muro non è per niente piccolo".

"Difficile immaginare che scompaia"

A differenza di Silvestri c'è lo scenario dell'epidemiologo Pier Luigi Lopalco, responsabile Coordinamento Regionale Emergenze Epidemiologiche Puglia, secondo il quale "se dovessimo semplicemente guardare i numeri, è difficile immaginarsi un'accelerazione nella scomparsa del coronavirus - afferma - Io credo che un aumento dei casi sia molto probabile. E' chiaro che l'aumentato numero di flussi umani (persone che escono, riprendono il lavoro, si incontrano al lavoro e tornano a casa) aumenta il rischio".

Insomma, chi più ne ha più ne metta. Chi avrà ragione? Chi di loro avrà avuto la visione "più giusta" sull'evoluzione dell'epidemia? Lo scopriremo fra qualche tempo.

Nel frattempo, ne sentiremo delle belle.

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