Coronavirus

L'Italia si prepara alla fase 2: "Chi può uscire il 4 maggio"

La fase acuta, quella fase uno che molto ci ha fatto penare, terminerà con ogni probabilità il 4 maggio. Ecco cosa potrebbe accadere subito dopo

L'Italia si prepara alla fase 2: "Chi può uscire il 4 maggio"

Il traguardo del 4 maggio è a un passo. È il giorno in cui la fase uno, quella acuta, dovrebbe terminare. Poi sarà la volta della fase due: quella della convivenza con il coronavirus. Sarà riapertura? Sarà ripartenza? Il dibattito è aperto. Sarà la politica, comunque, a dover decidere. A lei spetta questo onere. La nuova fase dovrebbe prevedere riaperture differenziate per macroaree a seconda della diffusione del contagio, con un monitoraggio dopo 15 giorni per verificare la tenuta del contenimento e, in caso contrario, nuove chiusure.

È l’ipotesi su cui stanno lavorando gli esperti che dovranno fornire al governo gli indirizzi generali per la fine del lockdown. Stando a questa ipotesi, l’Italia verrebbe sostanzialmente suddivisa in 3 macroaree (nord, centro e sud) in base alla diffusione del contagio. Aziende della moda, mobilifici, automotive, cantieri edili. Sono quattro comparti produttivi di cui si starebbe valutando la riapertura prima del 4 maggio, forse a partire dal 27 aprile. Il 4 maggio potrebbero riaprire, seppur con tutta una serie di limitazioni e divieti, anche bar, ristoranti e parchi. Si tratta di una valutazione in corso, fermo restando che le scelte spetteranno al governo anche sulla base dei dati epidemiologici che si registreranno nelle prossime settimane. La comunità scientifica è divisa, ma tutti sono d’accordo su un punto: riaprire con giudizio e sicurezza.

Ma in serata è arrivata una nota di Palazzo Chigi che frena e chiede più cautela. "In alcuni casi si tratta di ipotesi che non hanno alcun tipo di fondamento, in altri di ipotesi che sono ancora allo studio e quindi non possono essere in alcun modo considerate definitive". Non c'è niente di deciso, dunque. E il lockdown è ancora senza scadenza. Quella del 3 maggio, com'è noto, può essere prolungata.

Ilaria Capua

La dottoressa Ilaria Capua è per il sì. "Chi ha gli anticorpi al Covid-19 può uscire di casa, certo". Con una griglia del rischio ben evidenziata, è inutile tenere tutta la popolazione chiusa in casa. "Invece bisogna già andare a caccia degli anticorpi, rovesciando l’approccio alla pandemia. Gli ospedali non sono più al collasso come tre settimane fa, ora sono un punto di forza". Direttrice dell’One Health Center of Excellence dell’Università della Florida, la virologa Capua, ha un’agenda degna di una star di Hollywood: telefonate, messaggi, mail e video chat con richieste che arrivano da tutto il mondo. Nota per i suoi studi sui virus influenzali e, in particolare, sull’influenza aviaria, la scienziata dagli Stati Uniti prova ad indicare all’Italia la strada migliore per uscire consapevolmente dalla paralisi. Ma non fa sconti quando afferma: "Una volta messo da parte il lockdown, si deve andare a caccia degli anticorpi. Solo cercando gli anticorpi nelle persone entrate in contatto con il virus, si potrà tracciare la strada della nuova convivenza sociale".

Roberto Burioni

Fase due con le mascherine obbligatorie per tutti, è la proposta del virologo, Roberto Burioni. Mentre già Lombardia e Piemonte si attrezzano per una ripartenza con le mascherine obbligatorie, Burioni è tornato sull’argomento dei dispositivi di sicurezza con un tweet. Resta comunque il problema dell’approvvigionamento dei dispositivi di sicurezza che arrivano col contagocce. Le amministrazioni locali cercano di attrezzarsi come possono per ordinarle e distribuirle anche gratuitamente. I cittadini, quando le trovano, spesso devono sborsare cifre astronomiche. La Lombardia guarda avanti e progetta "la nuova normalità" all’insegna della prevenzione, della cura e della programmazione. Dal 4 maggio, la regione chiederà al governo di dare il via libera alle attività produttive nel rispetto delle ormai note "Quattro D": Distanza (un metro di sicurezza tra le persone), Dispositivi (ovvero obbligo di mascherina per tutti), Digitalizzazione (obbligo di smart working per le attività che lo possono prevedere) e Diagnosi (dal 21 aprile inizieranno i test sierologici grazie agli studi in collaborazione con il San Matteo di Pavia).

Fabrizio Pregliasco

"Forse, finalmente è iniziata, la discesa", affermava qualche giorno fa (cauto) Fabrizio Pregliasco, epidemiologo e direttore sanitario dell’istituto Galeazzi di Milano. Fa sapere: "Rispetto alle punte che abbiamo raggiunto, siamo arrivati a un dimezzamento di nuovi malati, quindi, a una situazione che vede la collina che abbiamo creato verso la discesa. Siamo ancora in una situazione di casi nuovi che non è l’azzeramento, ma possiamo dire che le terapie intensive non sono più in una situazione critica e lo vedo anche nel mio ospedale: il Galeazzi di Milano dove la pressione si è ridotta".

Per quanto riguarda la fase due, secondo l’epidemiologo, a fine mese i nuovi casi potrebbero tendere allo zero, quindi è ragionevole pensare che si possa cominciare ad allentare le misure a partire da lunedì 4 maggio. Una ripresa che deve essere graduale e che deve prevedere un cambio del nostro stile di vita precedente. "L’approccio che dovremo avere per il prossimo anno è di sentirci tutti potenzialmente malati così da continuare a proteggere noi stessi e i nostri cari", dice Pregliasco.

Andrea Crisanti

"La ripresa sarà lunga e costellata di focolai", risponde l’epidemiologo Andrea Crisanti, direttore del Laboratorio di virologia e microbiologia dell’università di Padova. "Sarebbe un errore partire con qualcosa di improvvisato". La sua ricetta prevede tre pilastri. "La premessa è che la rimozione delle misure dovrà essere graduale e riflettere le situazioni locali, tener conto delle differenze estreme che abbiamo sia fra le regioni che addirittura al loro interno, a seconda delle aree che prendiamo in considerazione".

Punto primo: "Non si potrà prescindere dalla distribuzione su larga scala di dispositivi di sicurezza, dalle mascherine ai guanti e così via. Il secondo aspetto indispensabile è il rafforzamento della medicina del territorio e dei servizi sul territorio, a partire dai servizi di diagnosi, senza dimenticare il monitoraggio dei luoghi di lavoro. Ultimo aspetto non meno importante: occorrerà accettare di rinunciare in parte alla propria privacy per garantire il tracciamento elettronico dei contatti nel caso di soggetti infetti". Solo con la combinazione di queste condizioni si potrà arrivare a ipotizzare il ritorno a una pseudo normalità. Come è successo in Corea del Sud.

Massimo Galli

Ottimista anche il professor Massimo Galli. Una settimana fa circa affermava: "Sono convinto che si potrebbe avere una ripresa significativa di alcune attività importantissime da maggio o giugno. Sono un ottimista, ma l’ottimismo non è un fatto scientifico, è un fatto attitudinale". Sono le parole del primario infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano. "Non credo sia stata una grande idea dare date a stillicidio, di 15 giorni in 15 giorni, lasciando tutti sospesi". Era evidente che era difficile parlarne per il mese di aprile. Tra maggio e giugno è possibile parlarne. "Non abbiamo un’epidemia sola: ne abbiamo una grande in Lombardia e aree limitrofe e ne abbiamo altre satelliti. Se va bene nelle aree satelliti e non sbraghiamo, se facciamo sacrifici per 2-3-4 settimane, è verosimile che in questo arco di tempo si possa dire: si può ricominciare. Ricominciare presto sarebbe sbagliato, ma bisogna programmare ora la ripresa. Bisogna avere anche gli strumenti diagnostici per riaprire con gradualità", aggiunge.

"È necessario trovare la modalità che ci consenta in sicurezza di dare la possibilità al Paese di riprendere. Non mi voglio chiudere nella torre d’avorio, quello che va trovata è la quadra che ci permetta di fare cose in sicurezza.

Se apriamo troppo presto o se apriamo male, ci siamo dentro di nuovo dall’inizio e se ne riparla in autunno".

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