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Il virus è una tragedia. Ma del comunismo

Il virus è una tragedia. Ma del comunismo

L'appello del dottor Zhang, il medico dell'ambasciata cinese che chiede agli italiani di finirla con insulti, aggressioni e minacce contro i suoi connazionali è assolutamente condivisibile. Nessun cinese può essere considerato un intoccabile o un untore. E tanto meno possono venirgli addossate le colpe di un regime comunista che ha omesso, nascosto e censurato le prime notizie sul virus.

Questo però è il punto. Insulti, aggressioni e minacce di cui parla Zhang non sono frutto di un'intolleranza razzista. Altrimenti non si spiegherebbe come mai i flussi migratori, iniziati nei primi anni '80, abbiano portato in Italia oltre 300mila cinesi dando vita a comunità ben integrate, generando forme specifiche di economia e catene ristorative frequentatissime dagli italiani. L'intolleranza a cui assistiamo ha piuttosto un'intonazione politica. È ugualmente inaccettabile perché indirizzata non contro le «élite» comuniste di Pechino, ma contro un miliardo e 400 milioni di cinesi che ne sono vittima. Ma non è immotivata.

Di fronte alla minaccia del coronavirus, la Cina continua a comportarsi come l'Unione Sovietica di Chernobyl. Con un'aggravante. L'Urss del 1986 era un regime agonizzante, incapace di autoriformarsi e condannato alla sconfitta. La Cina è, invece, una potenza mondiale pronta ad imporci la sua visione commerciale ed il suo ordine politico ed economico. Eppure, pur considerandosi il perno di un nuovo ordine mondiale, non esita a nascondere ai suoi concittadini e al resto del mondo un contagio definito «più pericoloso del terrorismo» dall'Organizzazione Mondiale della Sanità.

Pur di coprire l'inadeguatezza del proprio sistema sanitario ha censurato, incriminato e lasciato morire il dottor Li Wenliang colpevole di aver segnalato già a dicembre la diffusione del virus. E anche dopo la rimozione dei capi partito di Wuhan e dell'Hubei, la sensazione di opacità diffusa non si dirada. L'impennata del contagio schizzato nell'Hubei da 1.600 a 14.840 casi in un solo giorno e il raddoppio dei decessi, destano molti dubbi. «Probabilmente - come ripete il virologo Roberto Burioni - la Cina bara sui dati che fornisce al mondo». Ma una grande potenza intenta a barare mentre è in ballo la sicurezza del genere umano non è un Paese civile.

Per questo l'intolleranza verso i cinesi è sicuramente esecrabile, ma lo è molto meno quella verso il comunismo di Pechino.

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