L'Italia è piena di Catalogne. A nord est abbiamo la Catalogna veneziana con un passato di potenza mondiale. A Sud, Napoli è una Catalogna post-moderna che non ha mai attraversato la modernità. C'è la Catalogna romagnola spalmata su tre regioni, la Catalogna sarda che è una nazione, quella sudtirolese che parla tedesco, la ladina che parla ladino e la valdostana che parla francese. Abbiamo una Catalogna delle comunità albanesi di Calabria (che è a sua volta una Catalogna pendula nel mare Ionio) e Sicilia (neanche parlarne) senza contare le mini-Catalogne di lingua grecanica e basilea. Quando ci si chiede come facciano inglesi e americani a capirsi essendo divisi (come diceva Oscar Wilde) dalla lingua comune, dovremmo chiederci come facevano i soldati meridionali a capire nelle trincee gli ufficiali piemontesi. Roma è una Catalogna squinternata con dentro la Catalognina vaticana dove l'emigrante non ha speranze di ius soli. Il Granducato di Toscana è un'Italia a sé, come lo è la Lombardia catalognata prima dagli spagnoli e poi dagli asburgici, senza dimenticare la Linguadoca ligure-francese da Sanremo a Nizza e nulla togliere al catalognismo piemontese dove il re parlava francese.
È una bella idea dare ad ogni Catalogna nostrana un governo, una polizia, un bilancio, un'istruzione, una politica estera e fiscale, un esercito, una mafia autoctona. Chiamateci pure ubriachi, ma noi facciamo un tifo sfegatato per tutte le Catalogne de noantri, microscopiche libere e indipendenti.
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