Si è fatto un po’ troppo rumore, negli ultimi anni, attorno alla vivisezione. Prima la chiusura della storica e premiata ditta Morini di Reggio Emilia, una delle maggiori fornitrici europee di cavie per laboratorio (topi, ratti, cani Beagle), poi recentemente la Green Hill di Montichiari, fornitrice di cani Beagle, assediata più volte da manifestanti capeggiati dall’ex ministro Brambilla che ha fatto, della sua chiusura, una battaglia senza quartiere. Troppa polvere sollevata su un argomento che incide sul pubblico in modo trasversale, senza ombre proiettate dal credo politico o religioso, un argomento che tocca e sconvolge le coscienze, quando le fotografie o i video degli animali utilizzati per gli esperimenti entrano nella quiete delle case. La vivisezione e tutto quanto ruota attorno a questo mondo, cui conviene sempre il silenzio appena rotto dal sommesso rumore dei macchinari, vive periodi in cui è apparentemente ignorata, per raggiungere poi i titoli di scatola, quando le immagini, girate da un gruppo di animalisti all’interno dei laboratori e nei capannoni dove vengono allevate le cavie, giungono nelle mani di chi non le censura ma ha il coraggio di mandarle in onda, moltiplicate poi dai network sociali, come Facebook e Twitter. Allora, una folata improvvisa di vento alza il polverone e tutti i media sono in qualche modo obbligati a prendere in considerazione un tema che non vorrebbero toccare, perché porta una corrente elettrica ad altissimo amperaggio. Era ora di passare al contrattacco, per aziende farmaceutiche, ricercatori e venditori di cavie che cominciavano a subire troppe perdite di consenso presso chi è già incline, come dimostrano i sondaggi, a stare dalla parte delle cavie, sempre più dubbioso sui benefici apportati dalla vivisezione e sulla sua liceità.
La campagna ResearchSaves è stata ideata, da una potente fondazione americana (Foundation for Biomedical Research) per aumentare il sostegno internazionale alla ricerca medica e scientifica con modelli animali. Il totem del battage pubblicitario è un cartellone che dovrebbe apparire presto nella maggiori città di almeno trenta paesi nel mondo (Italia compresa), con un’immagine esplicita e suggestiva. Un ratto bianco guarda una bambina e le dice «Un giorno ti potrei salvare la vita». Nella versione americana, il tono è ancora più persuasivo. «Chi vorresti vedere vivo?». Ovvio che nessuno, di buon senso, sacrificherebbe la vita di una bambina per un ratto, ma ci sono molte persone tra le quali molti ricercatori, che li vorrebbero vivi entrambi. E credono che questo sia il vero progresso della scienza medica.
Troppi errori commessi in nome della nostra salute di Oscar Grazioli /
E' il prezzo da pagare per il progresso scientificio / di Carlo Lottieri
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