Politica

Il vizio dell'ipocrisia

Uno dei vizi più comuni della politica italiana è l'ipocrisia. Addirittura qualcuno l'annovera tra le qualità, o meglio, come lo strumento più efficace per camuffare la realtà.

Il vizio dell'ipocrisia

Uno dei vizi più comuni della politica italiana è l'ipocrisia. Addirittura qualcuno l'annovera tra le qualità, o meglio, come lo strumento più efficace per camuffare la realtà. L'Enrico Letta che se la prende con mezzo mondo per l'affossamento del ddl Zan è un esempio di ipocrisia: lo sapevano tutti, proprio tutti, pure i commessi del Senato, che quel provvedimento senza una mediazione sarebbe andato sotto, per cui le accuse del giorno dopo del segretario del Pd o sono la prova di una goffaggine politica o, appunto, uno sfogo ammantato di ipocrisia. Altra ipocrisia bella e buona è teorizzare che se Mario Draghi andasse al Quirinale si troverebbe sicuramente il giorno dopo il modo di fare un altro governo per concludere a scadenza naturale la legislatura.

Non è così. Lo sanno pure i sampietrini della Capitale. Mettere in piedi l'attuale esecutivo, infatti, è già stato un mezzo miracolo, il risultato di una congiunzione astrale difficilmente ripetibile. Immaginare che la stessa maggioranza si possa formare su un governo Cartabia o Franco o è un'illusione, o, appunto, è un esercizio di ipocrisia. Il motivo è semplice: l'autorevolezza del personaggio Draghi, a livello internazionale e ora anche nel Paese, ha creato un aplomb istituzionale sotto il quale partiti diversi, addirittura antagonisti, sono riusciti a collaborare senza troppi danni sul piano del consenso. Immaginare che la stessa copertura possa essere garantita da altri nomi non è un'ipotesi reale. Tanto più ad un anno dalle elezioni. Nel migliore dei casi i partiti che accettassero di farne parte ne subirebbero un danno elettorale non indifferente, tipo quello riportato dal Pd e da Forza Italia quando furono costretti ad appoggiare il governo Monti. Anche perché le riforme spesso costano sul piano dei voti e se Draghi se l'è cavata nella Legge di Bilancio con un insieme di compromessi (pensioni, reddito di cittadinanza, tasse) qualora entrasse in campo un altro esecutivo come conseguenza del suo trasloco al Quirinale, quello avrà l'onere di decidere davvero.

Non ammettere questa evidenza è un atteggiamento ipocrita, un modo per tranquillizzare i tacchini, in questo caso i parlamentari che hanno il terrore delle elezioni anticipate, in vista del Natale. Ecco perché se i grandi elettori sceglieranno Draghi debbono essere consapevoli che il passo successivo saranno le elezioni. Un epilogo che, a seconda dei punti di vista, potrebbe essere un bene o un male.

Il problema è esserne coscienti al di là di ogni ipocrisia.

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