"Il Csm non è giudice costituzionale"

Lettera del presidente della Repubblica al vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, Mancino: "Il Csm non interferisce con il Parlamento". Un no alle polemiche: serve cooperazione. Mancino: "Nessuno sconfinamento". Fini e Schifani: chiariti i limiti del Csm. Berlusconi: "Bene, nulla da aggiungere a Napolitano". Leggi la lettera

"Il Csm non è giudice costituzionale"
Roma - Non può esservi "dubbio od equivoco sul fatto che al Csm non spetti in alcun modo quel vaglio di costituzionalità cui, com’è noto, nel nostro ordinamento sono legittimate altre Istituzioni". Questo uno dei passaggi della lettera inviata dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, al vice presidente del Csm, Nicola Mancino, che l’ha letta nel plenum in corso nel quale dovrà essere approvato il parere sul provvedimento per la sicurezza e in particolare sull’emendamento salva-processi.

I "pareri" del Csm "sono dunque destinati a rilevare e segnalare le ricadute che le normative proposte all’esame del Parlamento si presume possano concretamente avere sullo svolgimento della funzione giurisdizionale. Così correttamente intesa l’espressione di un parere del Csm non interferisce - altra mia preoccupazione già espressa nel passato - con le funzioni proprie ed esclusive del Parlamento: anche quando, come nel caso dei decreti legge, per evidenti vincoli temporali, tale parere non abbia modo di esprimersi prima che il Parlamento abbia iniziato a discutere deliberare". Questo uno dei passaggi della lettera del capo dello Stato.

Stop alle polemiche "Confido che nell’odierno dibattito e nelle deliberazioni che lo concluderanno, non si dia adito a confusioni e quindi a facili polemiche in proposito. La distinzione dei ruoli e il rispetto reciproco, il senso del limite e un costante sforzo di leale cooperazione, sono condizioni essenziali ai fini della tutela e della valorizzazione di ciascuna istituzione, delle sue prerogative e facoltà".

Il Quirinale: lettera iniziativa autonoma In serata dal Quirinale arriva una precisazione: la lettera inviata al Csm dal Capo dello Stato  è una iniziativa autonoma, non in accoglimento di alcuna richiesta. Il riferimento è all'incontro con i presidenti di Senato e Camera

Apprezzamento di Fini e Schifani I presidenti di Senato e Camera, Renato Schifani e Gianfranco Fini, esprimono il loro "vivo apprezzamento" per la lettera inviata dal Capo dello Stato al Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Nicola Mancino."Con l’equilibrio che unanimemente gli è riconosciuto - precisano i Presidenti Schifani e Fini - il presidente della Repubblica è riuscito a fare chiarezza sui limiti entro i quali, nel rispetto della Costituzione, il Csm può esprimere pareri circa i provvedimenti all’esame delle Assemblee legislative".

Berlusconi: bene, nulla da aggiungere a Napolitano "Non aggiungo nulla a ciò che dichiarato in forma pubblica il Capo dello Stato". Così il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Il premier ha ricordato come ieri "Fini e Schifani sono andati da lui per sottolineare qualcosa che non era nell’alveo della nostra Costituzione e Napolitano ha accolto l’avvertimento con una dicharazione assolutamente completa. Ogni istituto - ha quindi concluso - deve fare ciò che la Costituzione gli assegna e non deve prevalicare i suoi compiti".

Ghedini: intervento importante "Quello del presidente Napolitano è un intervento di alto livello come tutto quello che ha fatto fino ad oggi", commenta il parlamentare Niccolò Ghedini, avvocato di Silvio Berlusconi. "Credo che sia un punto importante per fissare l’alveo costituzionale di quello che è il ruolo del Csm».

Mancino: il Csm non ha sconfinato "Quando il presidente della Repubblica sottolinea il problema del limite del vaglio di costituzionalità delle leggi, abbiamo ben presenti i confini e la portata delle nostre competenze: non siamo un organo istituito per decidere la legittimità costituzionale delle leggi, e chi denuncia questo sconfinamento in realtà espone ad un grave rischio il Csm". Questo uno dei passaggi dell’intervento del vice presidente del Csm, Nicola Mancino, al plenum in corso a Palazzo dei Marescialli sul decreto sicurezza che contiene il discusso emendamento salva-processi. Mancino ha rivendicato il dovere del Consiglio superiore della magistratura di dare pareri su provvedimenti normativi e atti inerenti l’amministrazione della giustizia anche quando non siano stati richiesti. "Avanzare proposte e dare pareri è una formula che ci impegna ad agire sia se richiesti sia se non richiesti: chi sostiene che noi possiamo dare pareri solo su richiesta si fa suggestionare dall’idea, forse da qualcuno coltivata, che chi eventualmente è competente a chiedere un parere potrebbe anche non farlo. Non è così".

"Non siamo una terza Camera" "Non siamo e non vogliamo essere una terza Camera, ma rivendichiamo il diritto di essere ciò che siamo e ciò che il legislatore ci impone di essere". Così il vice presidente del Csm, Nicola Mancino, ha concluso il suo intervento. Mancino inoltre ha sottolineato che in tutti i documenti, bozze o atti preparatori del Csm non è mai stata finora usata la parola "incostituzionalità" in riferimento al decreto sicurezza e alle parti che lo compongono.

Quagliarello: provvido richiamo "Pur non condividendo il fatto che la prassi possa prevalere sui principi costituzionali e consentire così al Csm il diritto di esprimere parere non richiesti, considero la lettera di Giorgio Napolitano una provvida iniziativa nei confronti di un comportamento arrogante che avrebbe violato le prerogative del Parlamento, della Corte Costituzionale e dello stesso Presidente della Repubblica". Il vicecapogruppo del Pdl al Senato Gaetano Quagliariello apprezza le considerazioni del capo dello Stato sul Csm. "Come Napolitano non manca di far notare, infatti - osserva Quagliariello - il Csm deve indirizzare i suoi pareri al ministro della Giustizia, e ,in nessun caso, può pretendere di dettare tempi, modi e limiti dell’esercizio delle prerogative parlamentari. Cosa che, giova ricordarlo, il parere nella versione che va in discussione fa in almeno tre punti". "Infatti la VI commissione, che il parere lo ha già approvato, - spiega l’ esponente di Forza Italia - si è spinta fino ad individuare esplicitamente nel Parlamento il destinatario delle proprie osservazioni. Si è permessa di esprimere giudizi sulla scelta dello strumento del decreto, rivendicando di fatto il diritto di interloquire nel corso del procedimento legislativo e, cosa ancora più grave, ha formulato la pretesa di limitare l’attività emendativa del Parlamento, che secondo il parere dovrebbe essere sottoposta al vaglio preventivo non solo del Capo dello Stato e della Commissione Affari Costituzionali, ma persino della comunità dei giuristi!".

Soro (Pd): soddisfatto La lettera del capo dello Stato al Csm viene apprezzata dal Pd. Il capogruppo alla Camera Antonello Soro, conversando con i giornalisti, spiega: "Il presidente Napolitano ancora una volta ha espresso con equilibro e saggezza un orientamento al Csm di cui noi siamo molto soddisfatti. Auspichiamo che a questo punto non si riproducano conflitti tra poteri costituzionali e che venga rimossa la ragione ultima di questi conflitti. Questo compete al governo".

I penalisti: riformare il Csm
Per le Camere penali Italiane è "ineludibile la riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario". "I fatti di questi giorni, le interferenze del Csm e della magistratura associata nella vita politica e l’autorevole intervento di commentatori come Ernesto Galli della Loggia, Giovanni Sartori, Sergio Romano, Piero Ostellino ed altri - rileva l’Ucpi - danno conferma della necessità di dar corso a riforme organiche che riportino Csm e ordinamento giudiziario nei binari della Costituzione".

"Il Csm, divenuto ormai sinonimo di Anm - aggiunge l’Unione Camere Penali - deve affrancarsi dalle derive correntizie e dalle invasioni di campo nella politica, per tornare ad essere organo di governo autonomo della magistratura. Nè certo l’ordinamento giudiziario può ancora tollerare l’attuale assimilazione fra le due carriere, ben antitetiche fra loro, di chi accusa e di chi giudica".

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