Roma - No alle ronde introdotte dal
decreto sicurezza, sì invece a diverse delle norme contenute nello
stesso provvedimento che riguardano il contrasto alla violenza
sessuale e allo stalking. È articolato il giudizio del Csm sul decreto
legge del governo ed è contenuto in un parere messo a punto dalla
Sesta Commissione di Palazzo dei marescialli e che oggi
pomeriggio sarà all’esame del plenum.
"Perplessità di ordine generale" Il Csm solleva "una perplessità di ordine generale sulla
possibilità di derogare al principio che assegna all’autorità pubblica
l’esercizio delle competenza in materia di tutela della sicurezza,
escludendo che questa possa essere affidata a privati" e quindi, di
fatto, boccia l’istituzione, da parte del governo, delle cosiddette "ronde", arrivando anche a ipotizzare il rischio di una parziale
incostituzionalità.
"Troppa discrezionalità" Nel parere all’ultimo decreto sicurezza firmato dal
titolare del Viminale Roberto Maroni, approvato oggi dal plenum,
l’organo di autogoverno delle toghe mette in discussione il fatto
che alle ronde "sia affidato il compito di segnalare eventi che
possono arrecare danni alla sicurezza urbana, ovvero situazioni di
degrado sociale".
Secondo i consiglieri, infatti, questa fumosità nella definizione delle
situazioni da segnalare affiderebbe alle ronde un "troppo elevato
tasso di discrezionalità" nella scelta dei casi da segnalare e questo
porterebbe, in buona sostanza, a una generale confusione.
"Troppo lacunoso il registro delle ronde" Dubbi
anche sul registro al quale le associazioni devono
obbligatoriamente iscriversi per esercitare l’attività di presidio
territoriale: l’iscrizione, infatti, non equivarrebbe ad autorizzazione a
operare, ma sarebbe "un mero accertamento della titolarità dei
requisiti necessari a operare", con un rinvio a un successivo
decreto ministeriale definito dal Csm "troppo lacunoso".
"Dubbi di costituzionalità" Inoltre, il Csm solleva anche dubbi di natura costituzionale: il dl,
infatti, non prevede esplicitamente che "le associazioni non
debbano avere nè natura nè finalità di ordine politico". Questo,
secondo le toghe, violerebbe il comma 2 dell’articolo 18 della Carta,
che vieta di costituire "associazioni che, anche indirettamente,
perseguano scopi politici mediante organizzazioni di carattere
militare". Per carattere militare si intende non solo il possesso di
armi, ma anche, è spiegato nel parere, "una gerarchia interna di
tipo militare e il ricorso a uniformi".
Armi improprie Infine, la doverosa specificazione del fatto che i cittadini membri della associazioni di tutela della sicurezza non possano essere armati, per il Csm non è sufficiente: non viene infatti escluso, è la tesi dei rappresentanti delle toghe, il fatto che i "vigilantes" non possano avere strumenti "non definibili armi in senso proprio", ma comunque "atti a offendere o a esercitare coercizione fisica" nei confronti di terzi.
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