C’è vita in via Washington, elegante stradone della Milano borghese senza particolare appeal gourmet. Almeno fino all’apertura, qualche anno, fa, al numero 56, di Borgia. Si tratta di un locale di grandi e motivate ambizioni, che malgrado non possa contare sul traino di altri locali in zona, pure si sta guadagnando la fiducia di un crescente numero di buongustai. Attratti da un ambiente elegante e curato, da un servizio da fine dining e anche da un menu, lo Psyche, che gioca sui rapporti tra il nostro inconscio e il cibo. L’idea è stata del titolare Edoardo Borgia, convinto per studi ed esperienza che l’atto del mangiare sia strettamente connesso all’esplorazione del sé, dei nostri ricordi, delle nostre emozioni, dei nostri desideri. Chi sceglie questo percorso viene sottoposto preventivamente a una serie di domande (non vi preoccupate, nulla di inquisitorio o di troppo invadente) che serviranno allo chef Giacomo Lovato per costruire un percorso dedicato che tocchi le corde che le risposte indicano vadano toccato.
Il risultato è interessante, anche se non si esce da Borgia necessariamente conoscendosi meglio (ma certamente con qualche stimolo in più). Ma siccome alla fine in un ristorante si va per mangiare, anche senza tanti problemi, e chef Lovato è bravo e in predicato di diventare bravissimo, Borgia è un posto piacevolissimo anche senza sdraiarsi sul lettino. Lovato, classe 1990 (i conti fateli voi) ha esperienze di ottimo livello in Italia (ha avuto tra i suoi maestri Claudio Sadler e Federico Zanasi) e ha una sua idea di cucina che risente di un’evidente formazione classica di stile francese che poi ha sciacquato nel fiume della contemporaneità e della sostenibilità.
In carta, oltre al già citato menu Psyche (sei portate, 110 euro), c’è un menu vegetariano (sei portate, 100 euro), un menu Tartufo tutto l’anno (130 euro) e soprattutto il degustazione Metamorfosi, che è il fermo immagine più fedele del percorso dello chef. Da qui, e dalla carta, ho costruito il mio personale percorso nel corso della mia visita di qualche giorno fa. Partenza con degli snack, poi una Ricciola in oliocottura con insalatina di taccole e fagiolini, rafano grattato fresco, colatura di alici, maionese di rafano e acciughe e un Carpaccio di triglia leggermente sbollentata, trippa alla veneta, salsa all’arancia amara, salsa di riccio di mare e zafferano. Notevoli le Animelle di vitello con jus di vitello e salsa di mandorle e fieno greco, cipollina borrettana, mentre la Tartare di fassona con olio alla nocciola, polvere di ginepro e tartufo nero è di grande eleganza. Poi un primo: le Chiocciole Felicetti cotte in estrazione di pomodoro con calamaretti spillo porchettati, katsuobushi, olio all’alloro e aneto spruzzato. Quindi la Zucchina trombetta marinata, piastrata, salsina in escabeche, olio all’alloro e fuori di zucca, una Parmigiana di melanzana glassata, una Spalla di agnello cotta 36 ore a bassa temperatura, laccata e finita in forno, con chimichurri, patata al burro spadellata con maionese al pomodoro e paprika e melanzana perlina marinata con salsa al dragoncello. Si chiude con un dolce in cui il limone è declinato in molti modi (cremoso, meringa, candito, bruciato, in sorbetto), con pan di spagna e frolla alla mandorla e uno spruzzo di distillato di plumb calabrese.
Una cena interessante: coerenza, ritmo, una narrazione stringata, un pensiero forte. Carta dei vini interessante, con spazio a cocktail, distillati e tanto altro.
La costruisce il bravo Cristian Russomanno. La sala funziona a meraviglia, gli spazi sono ampi, il design elegante, c’è anche un giardino d’inverno. Su strada c’è anche un bar, l’AS33, che deve ancora trovare la sua piena dimensione- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.