"Il ruggito della Corea": così a Est è nata una nuova potenza

Ne "Il ruggito della Corea" Federico Giuliani parla delle prospettive di Seul e della Corea del Sud, tra gli attori più interessanti e dinamici del contesto internazionale odierno

"Il ruggito della Corea": così a Est è nata una nuova potenza
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La Corea del Sud è un Paese sempre più strategico nel panorama asiatico e internazionale. Membro a pieno titolo del G20 dopo esser stata capofila delle "Tigri asiatiche", la nazione nata a sud del trentottesimo parallelo all'alba della Guerra Fredda è oggi una potenza tecnologica, industriale, culturale. Dodicesima economia della Terra, undicesima per spese militari, nona per surplus commerciale, la Corea del Sud è rampante e dinamica. La sua capitale, Seoul, è avveniristica e popolata da oltre 10 milioni di persone.

Soprattutto, la Corea del Sud è una delle poche nazioni contemporanee ad aver saputo creare un immaginario in grado di conquistare i mercati più prosperi del pianeta. Dal K-Pop alla cucina coreana, Seoul è forse superata solo dagli irraggiungibili Usa e dal Giappone per capacità di creare immaginario nel presente. Dei segreti di questo Stato spesso sottovalutato parla Federico Giuliani ne "Il ruggito della Corea" edito per i tipi di Mauro Pagliai Editore. Giuliani, firma de IlGiornale.it e InsideOver, scrive un libro-reportage da Seoul che fa il paio con Corea del Nord. Viaggio nel Paese bunker, uscito nel 2017 sempre per iniziativa dell'editore toscano.

La storia della Corea del Sud è fatta di tradizione e modernità: basti pensare ai nomi dei grandi chaebol, i conglomerati industriali. "Lg, Samsung, Hyundai, Kia", nota Giuliani, a lungo sono stai sinonimo del modello produttivo coreano fondato su "tecnologia all'avanguardia e automobili affidabili". La base del successo di questi colossi sta nel ruolo giocato nella ricostruzione dopo la guerra di Corea: "il miracolo nordcoreano non è caduto dal cielo", nota l'autore, ma "volutamente", grazie "ad un preciso percorso intrapreso dal governo all'indomani del conflitto coreano. In un Paese poverissimo, dove le infrastrutture erano a pezzi e le istituzioni erano poco sviluppate", i conglomerati "eseguirono progetti complessi volti a ricostruire lo Stato", arrivando dove le risorse pubbliche non riuscivano a spingersi. E così si è giunti a oggi, dove il gruppo Hyundai-Kia è il terzo al mondo per proiezione nel mercato automobilistico e Samsung è prima produttrice al mondo di telefonia mobile e seconda per semiconduttori strategici.

Un Paese tanto all'avanguardia vive al contempo un profondo dualismo identitario. La Corea del Sud è nazione una e plurima. Solida economicamente, ma che percepisce una perenne vulnerabilità militare per i rischi di guerra con la Corea del Nord, mai pienamente sfatati. A Seul, ricorda Giuliani, i semafori al neon, le luci perennemente accese e una vibrante vitalità vanno di pari passo col timore, sempre in agguato, del conflitto, che vedrebbe la megalopoli sotto tiro delle forze armate di Pyongyang. Forse anche questo ha contribuito a creare un profondo senso escatologico nei sudcoreani, rappresentato dall'ascesa delle "mega-chiese" evangeliche di pari passo col progresso economico? Nel saggio di Giuliani si parla anche della loro diffusione e del loro peso politico come pontieri con la cultura occidentale. Ma chiaramente si mostrano anche i lati problematici del modello di Seul: le mega-chiese hanno provato a sottrarsi alla legge ai tempi del Covid-19 contribuendo alla diffusione del contagio; il retaggio dell'era della guerra del 1950-1953 rimane invece la miriade di bunker trasformati in abitazioni a Seoul, spesso appannaggio di una popolazione appartenenti a classi svantaggiate o popolari. Che rischiano di essere gli "scartati" del modello del Paese.

La domanda aperta che il saggio di Giuliani lascia è ben precisa: nel mondo emerge la voglia profonda di Corea, ma che cosa vuole essere la Corea stessa? Avanguardia tecnologica e versione più occidentalizzata delle culture d'Oriente, capace di scendere a patti coi mercati del resto del mondo, o Paese in bilico, non solo geopolitico, tra più sistemi? Il mai definitivamente chiarito rapporto con l'ex occupante giapponese, formalmente nello stesso campo politico ma di fatto Paese ritenuto poco affidabile, e gli amorosi sensali più volte tentati con la Cina sul

commercio, spesso fonte di grattacapi a Washington, mostrano le posizioni articolate e complesse del Paese più dinamico dell'area del Pacifico. Da monitorare con interesse tra le "nuove leve" della politica internazionale.

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