Esibizionista? Presuntuosa? O solo ambiziosa? Poco importa: sono questi i difetti che fanno un'attrice di successo. E Claudia Gerini scoperta da Boncompagni, lanciata da Verdone, consacrata da Baudo, reinventata da Baglioni - questi difetti li possiede tutti. Prova ne sia Storie di Claudia: lo «one woman show» in cui, al teatro Quirino di Roma, la quarantacinquenne attrice-cantante ha il coraggio di reinterpretare miti femminili della storia dello spettacolo, sola in scena, recitando, cantando, ballando.
Cosa spinge un attore a «fare tutto da solo»? Ego smisurato o esibizionismo cronico?
«Né l'uno né l'altro. Semplicemente il mestiere dell'attore. Storie di Claudia non è un auto-celebrazione. Semmai un autoritratto, ironico, tenero, che mi somiglia molto. Io non so stare ferma, non riesco ad accontentarmi. Voglio provarmi un po' in tutti i generi. Sono un Sagittario: sempre alla ricerca di nuove avventure».
Ci racconti di questa.
«Volevo tornare al teatro, dopo dodici anni di assenza, con qualcosa che mi rappresentasse. Esclusa la prosa, che era troppo scontata, impraticabile il musical, che ha costi proibitivi, col regista Giampiero Solari mi sono cucita addosso uno show tutto mio. In scena solo io e un pianoforte; le musiche arrangiate da Leonardo De Amicis, un balletto virtuale, cioè disegnato a cartoni animati da Giuseppe Ragazzini e col quale interagisco. Nient'altro. Uno one woman show nient'affatto tecnologico, però. Quasi vintage».
Per raccontare cosa?
«Oh: la storia è solo un pretesto. Si immagina che in un antico palazzo romano s'incontrino Claudia, una bambina curiosa, e la signorina Maria, una ex soubrette. I racconti della seconda si materializzano davanti agli occhi sgranati della prima; e così, davanti a quelli del pubblico sfilano tante primedonne, reali o immaginarie, dal glamour di Hollywood al varietà più sgangherato; da Marlene Dietrich alla Dea Dani di Polvere di stelle. Chiusura col circo, ed un numero acrobatico. Mi diverto molto. Ma devo essere pazza, a fare tante cose tutte assieme».Inevitabile chiederle quale di quelle star abbia rappresentato per lei un modello.«Monica Vitti, senza alcun dubbio. Qualcuno, per versatilità e sense of humor, mi paragona perfino a lei. Paragone che mi onora. Ma chiaramente sproporzionato. E poi io sono una ragazza degli anni '80: ho adorato Heather Parisi. E in seguito Anna Marchesini».
Tutte donne di spettacolo molto poliedriche. Che significa per lei recitare, cantare, ballare?
«Fare il mestiere che mi ha rivelato a me stessa. Iniziai che ero ragazzina. A 13 anni vinsi un concorso di bellezza; a 19 ero fra le adolescenti di Non è la Rai di Boncompagni. Sono cresciuta lavorando. E cominciai a capire chi ero su un set: quello di Viaggi di nozze. E' stato Carlo Verdone a farmi realizzare che potevo far ridere; che avevo il senso della scena. Poi ci sono state innumerevoli altre esperienze: Pippo Baudo durante il Festival di Sanremo, l'inizio di una seconda carriera di cantante fino alla collaborazione con Claudio Baglioni, il matrimonio con un cantautore e regista, Federico Zampaglione, e la nascita di due figlie».
Non sarebbe perfetto per lei, allora, il debutto nel musical?
«Ahimè, nonostante la nascita di una scuola nostrana, questo in Italia è ancora un genere troppo al disopra delle nostre possibilità. Gli unici autori di musical italiani restano Garinei e Giovannini. Dopo di loro, siamo stai capaci solo di rifare quelli degli altri. Anche bene, magari. Ma di rado veramente nostri».
E il cinema? Quando vedremo un suo nuovo film?
«In primavera uscirà Nemiche per la pelle, che ho girato con
Margherita Buy per la regia di Luca Lucini. E' la storia di due donne, Lucia e Fabiola, che sono state sposate con lo stesso uomo. Il quale poi muore, e le lascia alle prese con un problema del tutto imprevisto: un bambino».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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