Alberto Spadolini l'uomo sempre in ballo fra spie, donne e arte

Fu scoperto da D'Annunzio e lo chiamarono "il Nijinsky italiano" Grande seduttore e buon pittore, lavorò per la resistenza antinazista

Alberto Spadolini l'uomo sempre in ballo fra spie, donne e arte

A incuriosirmi di Spadò sono state le foto di sua sorella Giorgia con Padre Pio. Il Santo nel 1945 ne celebrò personalmente le nozze. Lei, stranamente, non aveva l'abito bianco ma era vestita in modo dimesso. Tutto il contrario dell'apollineo fratello, il quale non disdegnava di farsi immortalare completamente nudo e, a mo' di atleta antico, coi muscoli spalmati d'olio. Ma chi era costui? Uno stravagante italiano, pittore, ballerino, cantante, attore e perfino spia, che meriterebbe un film biopic. Tanto per cambiare, è più noto all'estero. Infatti la mostra a lui dedicata è in Francia, nel castello di Brignac: «Alberto Spadolini, artista e 007, alla corte di Joséphine Baker» (www.albertospadolini.it).

Noi italiani di Spadolini ne conosciamo solo uno, il politico fiorentino del Pri che fu direttore del Corsera . A suo tempo Hugh Montgomery della Cia, esperto di cose italiane, chiese a un giornalista del Belpaese se «l'agente Spadolini era parente del primo ministro». Risposta: «l'agente chi?». No, i due non erano parenti. Sì, va bene, direte, ma perché nella mostra si nomina Joséphine Baker? Andiamo con ordine. Alberto Spadolini, nato ad Ancona nel 1907 e morto a Parigi nel 1972, prese il cognome di colui che aveva sposato sua madre adottandolo. Dopo la scuola d'arte lavorò come pittore scenografo nel Teatro degli Indipendenti, frequentato da Marinetti e De Chirico e che Mussolini fece chiudere perché lo si prendeva in giro. Fu D'Annunzio a scoprirlo come ballerino e a farlo danzare con Ida Rubinstein in Il martirio di san Sebastiano musicato da Debussy. Spadolini emigrò a Parigi. Nel 1932 era già premier danseur all'Opéra di Montecarlo, osannato e venerato dal gotha artistico francese, da Jean Cocteau agli attori Jean Marais e Jean Gabin, a Marcel Carné, da Dora Maar (la donna di Picasso che aveva un debole per lui) a Jean Renoir. Quest'ultimo però cambiò idea quando sua moglie se ne scappò col ballerino italiano. Il quale, lungi dal perdersi nella débauche , si esibiva gratis per i mutilati di guerra.

Ma le femmes fatales affascinate dal Nijinsky italiano non erano poche, si fanno i nomi di Mistinguett e dell'immortale Marlene Dietrich. Spadò, come lo chiamavano nel bel mondo francese, fu notato anche da Joséphine Baker, che lo volle accanto nel suo spettacolo al Casinò de Paris. La «Venere nera» mulatta, che aveva un anno più di lui e morì tre anni dopo di lui, era già una stella di prima grandezza che mandava gli uomini in delirio danzando vestita solo di un gonnellino di banane (e a volte senza neanche quello). I più anziani tra noi la ricordano ospite, settantenne ma con ancora due gambe da urlo, in tv a Studio Uno intonare il suo celebre inno J'ai deux amours attorniata da quindici trovatelli che aveva adottato. Con lei il nostro Spadolini ebbe una travolgente relazione sentimentale. Durante l'occupazione tedesca i due si coinvolsero con la resistenza antinazista (lei contrabbandava nel neutrale Portogallo informazioni scritte con inchiostro invisibile sugli spartiti musicali). I tedeschi, ignari, invitarono lui a esibirsi a Berlino per l'anniversario di Franz Lehar, re delle operette. Spadolini, ormai detto «l'Apollo della danza», impersonava un dio greco e ricevette gli applausi dei massimi gerarchi, Hitler compreso. Ma lavorava in segreto per uno svedese capo di un gruppo di crittoanalisti e portava documenti da Stoccolma a Marsiglia.

A guerra finita, eccolo in trionfali tournée a New York e nelle principali città sudamericane, in Asia e in Africa. Aveva casa a Montmartre e la Francia gli aveva messo a disposizione il Palais Chaillot sul Lungosenna vicino alla Tour Eiffel. A Orano, in Algeria, andava tutti gli anni ed era conosciutissimo dall' élite cosmopolita locale. Parlava una decina di lingue, tra cui l'arabo, e continuava a fare il pittore esponendo perfino in Asia. In Svezia era così famoso come pittore che nell'ambiente artistico lo si considerava uno dei loro. Sue mostre erano ancora in corso a Malmö e Stoccolma quando morì. Nel 1954 dov'era Spadolini? In Vietnam, proprio mentre i francesi subivano la disastrosa sconfitta di Dien-bien-phu da parte delle truppe comuniste del generale Giap: in quei convulsi giorni il Nostro danzava ed esponeva i suoi quadri a Saigon.

L'anno seguente, a Lussemburgo, il principe Yussupov gli organizzava una mostra al cui vernissage intervennero gli ambasciatori francese, americano, inglese e italiano.

«Spadolini chi?» rispose il giornalista all'esperto della Cia, e questi ebbe un moto di soddisfazione ed elogio: il miglior agente segreto è quello di cui nessuno sospetta nemmeno l'esistenza.

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