Cultura e Spettacoli

Alle Scuderie del Quirinale tutti i tesori dell'imperatore

Un'incredibile selva di statue che affolla le scuderie del Quirinale. E poi monete d'oro, argenti di varia fattura, delicati cammei e gioielli. Un saggio di quella raffinata arte della celebrazione che segnò la fine della prima Roma, quella repubblicana annegata nel sangue delle guerre civili, e l'avvento della seconda, quella dell'impero, quella di Augusto il pacificatore: «Guerre per terra e per mare civili ed esterne in tutto il mondo combattei spesso; e vincitore lasciai in vita tutti quei cittadini che implorarono grazia» (così nelle sue Res gestae).
È questo il cuore della mostra che, avvicinandosi i duemila anni dalla morte del primo imperatore romano (Augusto si spense a Nola il 19 agosto del 14 d.C.) ricorda il suo potentissimo impatto sulla storia e sulla cultura mondiale. E così le Scuderie svelano piccoli e grandi capolavori: un bronzo con le sue fattezze, parte di una statua equestre ripescata nel Mar Egeo; due ritratti inediti di Lucio e Gaio Cesare; il frammento dell'Ara Pacis rimasto purtroppo da sempre al Louvre; il gruppo dei Niobidi, ora diviso tra Roma e Copenaghen o il meraviglioso Cammeo in sardonica con raffigurazione di Ottaviano Augusto come Giove e trofeo con prigioniero al suo fianco che arriva dal Kunsthistorisches Museum di Vienna. Sono tornati, per l'occasione, anche gli argenti di Boscoreale, donati da Edmond de Rothschild al Louvre nel 1895, che mostrano la raffinatezza della convivialità dell'età di Mecenate. E poi ci sono tutte le statue e i frammenti di decori urbani che consentirono al figlio adottivo di Cesare di dire: «Ho trovato una città di mattoni, ve la restituisco di marmo». Insomma sino al 9 febbraio 2014 grazie al lavoro dei curatori (Eugenio La Rocca, Claudio Parisi Presicce, Annalisa Lo Monaco, Cécile Giroire e Daniel Roger) a Roma rivive la Roma che fu. Una Roma che fece incarnare a un uomo che un tempo fu il fragile ragazzo chiamato Ottaviano tutti i suoi sogni e le sue paure (anche se non c'è statua che possa rendere il disperato «Varo restituiscimi le mie legioni!» dopo la disfatta della selva di Teutoburgo).

E uscendo da questa macchina del tempo viene da ripensare alla frase che Augusto avrebbe detto in punto di morte: «Se la recita vi è piaciuta, allora applaudite».

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