Bambini-fotografi raccontano la loro vitain Bolivia, in Colombia e in Messico

Una mostra a Roma, fino al 22 giugno, conclude il progetto di tre associazioni che operano nei Paesi del Sudamerica per aiutare i più piccoli ad imparare nuove forme di comunicazione

Bambini-fotografi raccontano la loro vitain Bolivia, in Colombia e in Messico

La bambina boliviana sta appollaiata su una piccola moto fiammante come il suo cappellino rosso e dietro di sè ha un arido paesaggio con qualche casetta dal tetto di paglia, sotto un cielo straordinariamente azzurro. Dall’altro lato della macchina fotografica ha fissato lo scatto un’altra bambina, poco più grande di lei, che racconta così il suo mondo. Le hanno insegnato come creare delle immagini che narrano una storia, usano un linguaggio immediato, permettono di comunicare con altri bambini e con «grandi» di differenti Paesi e culture. Come in un gioco nuovo, che è la vita senza confini. Piccoli tra i 10 e i 14 anni di Bolivia, Messico e Colombia hanno partecipato all’innovativo progetto, chiamato «Futuroscopio», che ha portato alla mostra inaugurata in questi giorni a Roma, dove rimarrà aperta fino al 22 giugno alla Biblioteca Collina della Pace (Via Bompietro 16). Sono bambini e bambine che vivono in Bolivia, nella remota e rurale Chipaya, nella regione di Oruro; nel contesto urbano del Barrio Belen di Bogotá, in Colombia; nella periferia suburbana atttorno alla grande discarica a cielo aperto di Oaxaca, in Messico.Non hanno spazi dove giocare, apprendere, esprimersi, partecipare, ma hanno scoperto grazie a quest’iniziativa le tecniche base della fotografia e il suo potere di parlare alla gente. Hanno imparato che così possono documentare il loro contesto di vita, vederlo da varie prospettive, con occhi infantili che hanno però visto cose che a quell’età non avrebbero dovuto vedere. C’è una bambola di pezza tutta sporca, con gli occhiali disegnati sopra, abbandonata tra le immondizie della discarica messicana, al centro di una delle foto esposte. Ci sono i murales colorati di mostri a tre occhi in bicicletta tracciati sulle case di un paesino della Colombia. E ancora il duro lavoro nei campi riarsi della Bolivia, con i caratteristici cappelli in testa che si usano in Bolivia. L’iniziativa, promossa da tre associazioni che fanno parte della Red ALAS ( una delle reti internazionali promosse da Libera Contro le Mafie: SiKanda), Solidaridad Internacional Kanda AC, Oaxaca, (Messico), APEA - Acción Por una Educación Activa, El Alto, (Bolivia) e Casa B, Bogotá, (Colombia), utilizza la fotografia come strumento per la narrazione e la comunicazione.«Il progetto ha dimostrato - dicono gli organizzatori- che le possibilità di fare antimafia sociale sono numerose: dal basso, attraverso la cultura, lo scambio di buone pratiche e la prevenzione si può piantare il seme di una nuova speranza». Questi piccoli fotografi improvvisati provengono da contesti geografici e socioculturali molto diversi, ma hanno in comune tante difficoltà e per questo parlano uno stesso linguaggio.« Futuroscopio - dice Maya Koshi di APEA, che viene da El Alto, in Bolivia- crea legami sociali tra bambini di diverse culture, offrendo loro un linguaggio possibile attraverso il quale esprimersi e dialogare con "l'altro" oltre i confini».

Le immagini della mostra raccontano i piccoli fotografi, i loro amici, le loro case, i loro campi e lanciano messaggi di aiuto, come spiegano José Carlos León Vargas, di SiKanda, che viene dal Messico, Dario Sendoya di Casa B, in Colombia, Claudia Gatti, coordinatrice America Latina- CISP ed Emiliano Cottini di Libera, Contro le Mafie.

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