Le stazioni ferroviarie sono luoghi pieni di segreti, nascosti sotto ai binari e agli edifici. Mondi sotterranei fatti di magazzini, di apparati tecnici di ogni epoca, di centrali, di passaggi, di locali bui. Nelle viscere della Stazione Termini, a Roma, c'è un bunker, una scatola di cemento armato di 40 metri quadrati 10 metri sotto il livello stradale, voluto da Mussolini nel 1936 – quando non c'era ancora l'attuale eificio passeggeri - per duplicare la sala di controllo della stazione e consentirle di essere funzionante anche in condizioni di emergenza. Evidente lo scopo di sicurezza, in tempi in cui già si cominciava a intravedere la guerra. Cinismo della sorte: la centrale fu inaugurata il 19 luglio el 1943, il giorno di un grande bombardamento della Capitale. Quel vano segreto, nel quale rimangono intatti tutti i vecchi comandi della stazione, oggi non è visitabile ma le Ferrovie stanno studiando di renderlo accessibile.
Dell'esistenza di questo bunker, durato in funzione, con vari ammodernamenti, fino al 1999, pochi sono a conoscenza. Oggi lo si trova descritto, forse per la prima volta, nel libro “La Stazione Termini di Roma” (Giordano editore, 160 pagine, 25 euro), scritto a quattro mani da Amedeo Gargiulo e da Deborah Appolloni, rispettivamente direttore dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle Ferrovie e giornalista specializzata in trasporti. Il libro è una piacevole ricostruzione storica, tecnica e sociologica di uno degli edifici più importanti in Italia, progettato dall'architetto Angiolo Mazzoni, poi sostituito da Eugenio Montuori, e inaugurata nel 1950. Fu una delle ultime grandi stazioni europee di testa (nelle quali i binarî principali si arrestano, ed è perciò necessario, per proseguire, invertire il senso di marcia dei convogli ), alle quali furono nel tempo preferite le stazioni passanti o di transito, dove le operazioni ferroviarie sono più semplici e più veloci. Anche Milano Centrale è di testa, ma lo stesso progettista, Ulisse Stacchini, prima dell'avvio dei lavori cercò di convincere le Ferrovie, senza riuscirci, ad arretrarla per farla diventare passante, quindi più moderna.
Termini è la stazione più grande in Italia e quinta in Europa, con 500mila passeggeri e 850 treni in arrivo o in partenza ogni giorno, 150 milioni di passeggeri all'anno. Ma è anche un luogo sociale, emblematico della città e di tante contraddizioni. Il degrado, per esempio, non è un fatto nuovo, risale almeno agli anni Settanta e fa parte dell'essenza stessa di una stazione – luogo pubblico, sempre aperto, complesso – fin dagli esordi della ferrovia. A Termini nel 1987 dopo varie esperienza solidaristiche è nato l'Ostello della Caritas, mentre al Giubileo e all'assistenza di tanti pellegrini va fatta risalire l'esperiena del Polo sociale.
Nel libro è scandita, anche per immagini, la cronaca della stazione con i suoi grandi eventi. Nel 2006, per esempio, gli autori ci ricordano che lo scalo fu dedicato a Giovanni Paolo II, al quale fu innalzata una statua poco distante.
Ma Termini resta Termini, e col nome del Pontefice non la chiama nessuno.La stazione è stata anche protagonista di tanti film. Uno tra tutti, Roma Termini, diretto da Vittorio e Sica, girato nel 1953, e prodotto dallo stesso produttore di Via col vento, David O. Selznick .
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