Aiuto, siamo invasi dagli scrittori alieni!
Politici, attori, cantanti, conduttori, giornalisti. Soprattutto giornalisti. Tutti diventati scrittori e tutti all'assalto delle megalibrerie, delle trasmissioni tv e delle classifiche. Con grande successo.
Una storia vecchia, si dirà. Esatto, se non fosse che proprio ieri sulle pagine culturali del Corriere della sera un Grande Vecchio delle nostre lettere, Raffaele La Capria, ha rilanciato la vexata quaestio, chiedendosi e chiedendoci, «ma che cosa hanno a che fare questi scrittori alieni con la letteratura?». La risposta - si capisce - è: nulla. Gli alieni, per La Capria, «sono, tranne qualche rara eccezione, lontani ed estranei da quel tipo di invenzione e di immaginazione che sono propri della letteratura» e «c'è, in chi li accoglie e li fa passare per scrittori, un conformismo che è a sua volta mancanza di cultura». Che è una tremenda staffilata a coloro che promuovono senza ragione i libri degli alieni: «i librai che li espongono sui banchi più in vista in libreria, i conduttori che li chiamano nelle loro trasmissioni e li trattano come veri scrittori, i giornalisti che li intervistano e gli dedicano il paginone».
Un pezzo feroce, vero e molto bello quello di La Capria. Al quale però mancava qualcosa. I nomi. Strano. Perché se c'è una cosa che l'età e l'autorevolezza ti concedono, è proprio il potere dire ciò che si vuole, quando si vuole. Arrivato a novant'anni, e col curriculum che si ritrova, don Raffaele avrebbe potuto divertirsi. Ad esempio, stando solo agli ultimi mesi, avrebbe potuto citare Sorrentino e Ligabue (ma forse i loro libri sono le «rare eccezioni»); oppure Lo spacciatore di carne di Giuliano Sangiorgi dei Negramaro, o quei due-trecento romanzi di Volo, o Fai bei sogni di Gramellini (primo nella classifica di narrativa italiana da quando c'era ancora la lira) o i romanzi di Veltroni e Franceschini per stare in politica, o quelli di Franco Di Mare e Gian Antonio Stella per stare nel giornalismo, o quelli i Flavio Insinna o Enrico Ruggeri, o i racconti di Simone Cristicchi o il thriller di Enzo Ghinazzi, in arte Pupo, per stare in area show.
Oppure diversi romanzi di diversi giornalisti del Corriere, per stare in casa. A iniziare da Antonio D'Orrico. Che è anche critico letterario. Ma è solo un caso.
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