Non ce ne voglia Philippe Mayaux, stimato artista francese classe '61, ma il suo polittico Les Quatre Z'éléments: Air, Eau, Feu, Pierre, realizzato fra il '97 e il '98, non farà mai «rumore» come la Pietà Rondanini di Michelangelo. Eppure, è stato... «carcerato».
Mentre qui in Italia la detenzione annunciata del capolavoro del Buonarroti a San Vittore fa, giustamente, discutere indignando i più con Vittorio Sgarbi in testa, la breve, brevissima trasferta (appena 24 ore) dei quattro faccioni (belli, per carità, di sicuro impatto emotivo etc etc) nella galera di Osny, piccolo comune nella regione dell'Île-de-France, soddisfa tutti. Soddisfa il diretto interessato che così dà una lustratina mediatica al proprio impegno nel sociale, accompagnando la creazione e illustrandola di persona a un pubblico inedito. Soddisfa poi i detenuti che in tal modo approfittano, proprio in queste ore, di un piacevole diversivo. E soddisfa forse più di chiunque altro monsieur Alain Seban, presidente del Centre Pompidou, dal quale l'opera è in libera, liberissima ma sorvegliatissima uscita. «Che io sappia - ha dichiarato Seban alla France Press - è la prima volta che un museo presenta un'opera originale della propria collezione in una prigione». Bene, bravi, bis!
Il bis sicuramente arriverà, magari da parte di qualche altro museo francese. Del resto due anni fa il Louvre aveva mandato a farsi un giretto fuori dalle sue sicurissime mura, più sicure di quelle di un carcere, per la precisione proprio al carcere di Poissy, le riproduzioni di alcuni suoi pezzi. Anche in quel caso, tutti contenti e tutti ben al riparo dall'eventuale gesto criminale che è sempre in agguato, fuori come dentro i luoghi di detenzione.
Morale della notizia, ai «quattro elementi» del buon Mayaux i responsabili dei beni culturali d'Oltralpe hanno aggiunto un quinto elemento: il buonsenso. Speriamo facciano scuola.
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