"Dietro gli occhiali bianchi": arriva nelle sale il docu-film su Lina Wertmuller

L'opera prima del giovane regista Valerio Ruiz, presentata alla Mostra del Cinema di Venezia, l'anno prossimo sarà in televisione

"Dietro gli occhiali bianchi": arriva nelle sale il docu-film su Lina Wertmuller

E' arrivato per tre giorni nelle sale il film «Dietro gli occhiali bianchi», firmato dal giovane Valerio Ruiz, sulla registra Lina Wertmuller. Applaudito alla Mostra del Cinema di Venezia viene presentato fino al 23 settembre nelle sale UCI Cinemas d'Italia, ma il grande pubblico lo vedrà l'anno prossimo in televisione perchè è stato acquistato da Mediaset.
Ruiz, stretto collaboratore e aiuto regista della Wertmüller da quasi dieci anni, debutta con un lavoro già maturo per tecnica e capacità di presentare la figura di una delle più grandi donne della storia del cinema italiano, la prima candidata all'Oscar come miglior regista per il film «Pasqualino Settebellezze» nel 1977.
Lo fa in un docufilm a più voci, interessante quanto raffinato nella forma. Al centro c'è la stessa protagonista che, con i suoi occhiali-cult e i suoi abiti stravaganti, ripercorre una carriera professionale dalle mille esperienze e racconta la sua vita privata, con la divertita autoironia che ha sempre caratterizzato il suo modo di guardare in faccia il successo. E ci sono gli altri, registi, attori, collaboratori e amici, che le fanno da controcanto, ricostruendo momenti vissuti insieme, sensazioni ed episodi capaci di cogliere lo spirito del suo talento. Sono i suoi protagonisti preferiti Giancarlo Giannini e Mariangela Melato, grandi colleghi come Martin Scorsese, icone del cinema come Sofia Loren e poi Harvey Keitel, il fratello-attore Massimo Wertmuller ...
«Dietro gli occhiali bianchi», di cui Valerio Ruiz è anche sceneggiatore, è un ritratto che si costruisce partendo dalla casa romana della regista, un po' dannunziana e affacciata sulle cupole di piazza del Popolo, e prosegue nei luoghi che hanno visto nascere i suoi film più famosi, ma anche nella casa di campagna tanto amata dal marito scomparso, lo scenografo Enrico Job e dalla giovane figlia Maria Zulima. Ci sono video, immagini, foto di famiglia e anche canzoni scritte dalla stessa Wertmüller. Lei s'improvvisa cantante, per interpretarle con una travolgente allegria che ne riscatta l'età.
Inedite sono le immagini girate a Cinecittà durante la collaborazione con federico Fellini in «La dolce vita» e «8 e 1/2». La Wertmuller era agli inizi del suo percorso e quell'esperienza segnò profondamente il suo stile.
Ma quando scelse la sua strada, quella che dall'esordio con «I basilischi» nel 1963 proseguì con Giamburrasca e Mimmì Metallurgico fino a Pasqualino Settebellezze del 1973 e la portò all'apice del successo, Lina ne inventò uno tutto suo di stile: eccessivo, dissacrante, anticonformista. Anarchico e travolgente, come il destino dei suoi personaggi, capaci di rovesciare le classi sociali e di infrangere ogni barriera del buon senso comune come del ridicolo.
Uno stile sempre coerente, ma capace di rinnovarsi e riservare nuove sorprese, come nel film tv del 2001 «Francesca e Nunziata» con la Loren.
«È stata una bellissima emozione - spiega il produttore del film, Leonardo Recalcati- far tornare Lina al Lido, stavolta nei panni di attrice dell'opera prima di Valerio Ruiz, il suo assistente da una vita. "Dietro gli occhiali bianchi" è il frutto di un lunghissimo lavoro, un film girato tra Italia, Svizzera e Stati Uniti. Abbiamo fatto sforzi inauditi per avere nel cast Martin Scorsese, Sophia Loren, Giancarlo Giannini, Harvey Keitel e gli altri, ma tutto è stato ripagato dall'amore e dalla commozione delle persone presenti in sala».
I testimoni della vita di Lina vengono intervistati da Ruiz con una lampada liberty accanto, sempre diversa e dalla luce tenue. E' il filo conduttore della narrazione, quello che impronta la casa della Wertmuller e rappresenta il suo spirito.


Ognuno aggiunge una tessera al mosaico di questo personaggio poliedrico, arrogante nella consapevolezza del suo talento quanto autocritico per la convinzione di non dover mai prendere troppo sul serio il suo successo. Ne emerge una regista grande per la sua originalità ma anche per le sue debolezze e per la capacità di rimettersi sempre in discussione.

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